mercoledì,Ottobre 4 2023

Francesco tra Unical, impegno e fede. «Epoca fatta di arrivismo e qualunquismo»

A tu per tu con il 23enne di Colosimi, comune in provincia di Cosenza. Ecco cosa dice sulla Calabria: «La nostra terra ha bisogno di un sussulto di orgoglio»

Francesco tra Unical, impegno e fede. «Epoca fatta di arrivismo e qualunquismo»

Francesco Palermo, 23 anni, è un ragazzo di Colosimi, piccolo comune ai confini della provincia di Cosenza. Studente di Finance and Insurance. Componente del Nucleo di Valutazione UNICAL. Francesco è uno di quei ragazzi si distinguono per la loro particolare serietà, per un’importante maturità, e anche per l’impegno con cui seguono la vita sociale, culturale, politica della Calabria. Conosco questo ragazzino da quando non era ancora maggiorenne, e studiava al Liceo Scientifico ‘Fermi’ di Cosenza. E già allora si definiva: «Profondamente europeista e orgogliosamente calabrese».

L’altro ieri ci siamo visti a Quattromiglia, a due passi dalla nostra università, per un caffè in un bar strapieno di studenti universitari. Il mio debutto, lo ammetto va subito sul pesante: «Quella che stiamo vivendo è l’epoca delle grandi contraddizioni, con tantissimi cambiamenti positivi, ma anche gravi mancanze verso le generazioni di oggi e quelle future». 

Lui, com’è nel suo stile pacato e riflessivo, non si scompone: «È l’epoca dell’arrivismo e del qualunquismo, in cui si è cercato di diffondere troppa (doppia) morale e non dei modelli culturali da seguire». Avverto un certo pessimismo: «No, no. Nonostante tutto sono ottimista, la mia generazione sta iniziando a rispondere bene e ad avere ambizioni alte».

Francesco fra qualche mese completerà il corso di laurea. Quindi parliamo dell’Università della Calabria. «L’Unical è la mia seconda casa, quello che definisco il vero gioiello di questa terra. Luogo di sogni e di speranze. Sicuramente posso dire di averla vissuta in tutte le sue sfumature e devo molto della mia crescita, personale soprattutto, e didattica, a questo bellissimo Campus».  

Per tanti ragazzi come Francesco l’università è tutto, ma capita che qualcuno avverta che qualcosa non va. «Sì, è vero. È certamente il vero motore di un Paese ed è per questo che penso ci debba essere più manutenzione al motore: non so se si possa parlare di delusione ma credo che il sistema universitario (e in generale l’istruzione a tutti i livelli) abbia sofferto, di riflesso all’epoca che viviamo, di una grossa ventata di mediocrità».

Credo sia giusto che mi faccia capire meglio questo suo concetto: «Vedo uno scompenso nel dare e avere: il sistema universitario si aspetta eccellenza e velocità ma non è disposta a dare lo stesso ai propri studenti. Io penso invece che uno/a studente/studentessa debba avere maggiore qualità nella formazione e meno ansie dagli schemi sociali». 

Sembra che questo sia il grande rammarico di Francesco: «Sì, questo è il mio più grande rammarico. Sono stanco di leggere che un mio coetaneo possa arrivare a gesti estremi perché uno schema sociale l’ha categorizzato come fallito. I fallimenti devono essere parte del successo, non cause di morte. E chi ha bisogno di più tempo non è da demonizzare». Un anno fa, grazie all’Unical, Francesco ha fatto un’esperienza di un mese negli USA. Certamente un’esperienza che forma molto.

«Spesso anche solo un mese (probabilmente anche una settimana) di questa esperienza, può diventare molto più produttivo di due interi anni di corso. Ovviamente non parlo di didattica. Tutto ciò che sta intorno, anche il bagaglio culturale che ci si porta dietro e le soft skills. Viaggiare rimane uno degli esperimenti culturali più forti».

Provo ad approfondire: questo perché esci dalla tua comfort zone e ti rendi conto di quanto valore abbiano anche piccole cose che siamo abituati a dare per scontate. «Sì, profondamente vero. Le università devo dire che su questo si stanno impegnando molto. Viaggiare significa sostenere spese importanti e il fatto che un’istituzione si faccia carico della maggior parte delle spese, è una cosa importante e che consegna strumenti uguali a tutti. Spero si facciano ancora passi avanti sulla mobilità internazionale». Francesco Palermo sin da ragazzino guardava con interesse alla politica, impegnandosi direttamente. Oggi l’ho trovato deluso.

«Più che delusione, credo sia maggiore consapevolezza del fatto che la politica non possa continuare così. Questa non è politica, è carrierismo. Non è politica, è “matematica”. Lo dico da studente di materie molto matematiche: non c’è più un vero dibattito, non c’è più formazione politica, non c’è più pianificazione. Si sta con la calcolatrice in mano a calcolare chi/cosa possa darti di più nel breve termine».

Questo oggi. Ma magari in futuro qualcosa potrebbe cambiare. «Nel lungo termine c’è il caos: proposta scadente, partiti liquidi e, di conseguenza, un popolo disaffezionato da teatrini di battibecchi e rancori personali. Ho un’idea di politica forse troppo idilliaca ma non mi arrendo e continuo ad inseguirla, a costo di dover prendere strade più scomode e tortuose».

In Calabria la politica va anche peggio… «Questo è un tasto dolente. La Calabria è una di quelle regioni vittima delle calcolatrici romane. Chi crede veramente nella politica, da destra a sinistra, dovremmo giocare probabilmente tutti nella stessa squadra. La Calabria ha bisogno di un sussulto di orgoglio e di ambizione comune».

Mentre consumiamo il caffè insieme ad una folla incredibile e rumorosa di giovani universitari, Francesco mi racconta come nel suo paese, Colosimi, si è appena tenuta una “missione” di una settimana ad opera di frati francescani, suore e di laici impegnati. Sembrano cose di altri tempi. Eppure l’ho sentito positivamente colpito. Forse un po’ strano per un ventenne di oggi… «Sono rimasto positivamente molto colpito. Un’esperienza unica. Senza entrare nell’aspetto della fede, che comunque è stata effettivamente la parte importante, sono molto contento per quello che è l’aspetto sociale di questa settimana. Negli scorsi anni, da adolescente cattolico praticante, avvertivo come una sorta di difficoltà della Chiesa a comunicare, in particolare con i giovani. Da qualche tempo, invece, sento con molto piacere un cambio di rotta importante».

Un’esperienza così è importante se lascia qualcosa di profondo e positivo. «Vero, ho visto tornare a condividere momenti di gioia e preghiera, ritornare a parlare una lingua comprensibile alle persone. Farlo con semplicità, silenzio e delicatezza. Ma soprattutto vedere che miei coetanei (e anche ragazze e ragazzi più piccoli) mettano la propria passione e il proprio tempo in questo tipo di attività mi ha riempito di felicità».

Si è fatto tardi, conversare con un ragazzo come Francesco ti aiuta molto a capire questo tempo così difficile. Ma, come diceva Aldo Moro, questo è il tempo che ci è dato da vivere. Ce ne andiamo parlando del suo futuro, se sarà in Calabria, o se anche lui seguirà la strada della “fuga” verso il Nord.  Come già un secolo fa, o 50 anni fa, per decine di migliaia di calabresi. Ma su questo lui è molto netto: “il mio futuro è la Calabria. Mi piacerebbe partire ancora per conoscere di più, ma lavorando, al tempo stesso, per tornare sempre qui. Partire deve essere una scelta e non una costrizione».

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