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NOI NON DIMENTICHIAMO | Vittime di mafia, quando il piccolo Cocò fu trucidato a Cassano

Aveva quasi quattro anni il bambino che il 16 gennaio 2014 fu ammazzato dalla 'ndrangheta in un casolare abbandonato di Cassano Ionio

NOI NON DIMENTICHIAMO | Vittime di mafia, quando il piccolo Cocò fu trucidato a Cassano

16 gennaio 2014. Giuseppe Iannicelli senior, la fidanzata marocchina Ibtissam Touss e il nipotino di lui, Cocò Campolongo, escono di casa e non sanno che da lì a poco verranno trucidati dalla ‘ndrangheta. L’incontro con la morte, nel modo peggiore. Uccisi e bruciati come bestie. Cocò aveva quasi quattro anni. Una vittima di mafia, vittima pure del contesto in cui viveva, dove purtroppo l’illegalità era di casa.

Del triplice omicidio di Cassano Ionio ne parlò anche Papa Francesco. Bergoglio scese addirittura in Calabria, nella piana di Sibari, invitando i killer a pentirsi. All’epoca le indagini della Dda di Catanzaro erano ancora in corso. Non si conosceva quasi nulla del contesto investigativo maturato soltanto a settembre 2015, con il blitz firmato dall’allora procuratore Vincenzo Antonio Lombardo e dall’ex pm antimafia Vincenzo Luberto.

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Nell’ordinanza di custodia cautelare comparivano all’epoca i nomi di Cosimo Donato, detto “Miu”, e Faustino Campilongo, detto “Panzetta”. Parliamo di due soggetti di Firmo legati a contesti di criminalità organizzata tra Altomonte e Cassano Ionio. I processi hanno dimostrato che Donato e Campilongo la sera del 16 gennaio 2014 erano nel casolare in cui la ‘ndrangheta voleva uccidere Giuseppe Iannicelli senior. Il più alto in grado della famiglia Iannicelli pensava evidentemente di essere al sicuro con il piccolo Cocò. La mafia però non ha avuto alcuna pietà del bambino. Assassinato come il nonno e la fidanzata di lui.

Cosimo Donato e Faustino Campilongo si sono professati innocenti per tutta la durata del processo. La giustizia ha fatto il suo corso, infliggendo una condanna all’ergastolo per entrambi. L’inchiesta ha ricostruito tante cose, ma tante altre sono da scoprire. Sappiamo che i due imputati hanno cosparso di benzina l’auto di Giuseppe Iannicelli senior, incendiandola quando i tre erano già morti. Sappiamo anche che a sparare non sarebbero stati “Miu” e “Panzetta“, i quali avrebbero comunque teso una trappola a Iannicelli senior. All’appello mancano quindi i mandanti e gli esecutori. Cocò rimane una vittima innocente di mafia, un bambino a cui è stata tolta la vita senza un “valido” motivo. E noi non lo dimenticheremo.

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