venerdì,Giugno 2 2023

Stop al regolamento Ue sui figli delle coppie gay, Cilento (Arci Cosenza): «L’Italia è ferma agli anni Trenta»

Bocciato il certificato europeo di filiazione, che prevede che la genitorialità stabilita in uno Stato membro venga riconosciuta automaticamente in tutti gli altri. E il dibattito si infiamma: «Ma è marcio, privo di fondamento e denota ignoranza»

Stop al regolamento Ue sui figli delle coppie gay, Cilento (Arci Cosenza): «L’Italia è ferma agli anni Trenta»

È una corsa agli ostacoli continua quella delle coppie dello stesso sesso sul grande viale dei diritti. Una storia di riconoscimenti negati e di piccole conquiste conseguite a fatica, costellata di dibattiti spesso violenti. L’ultimo episodio si è consumato pochi giorni fa, con la bocciatura in Senato della proposta di regolamento Ue che prevede la creazione di un certificato europeo di filiazione. La commissione Politiche europee ha infatti approvato con 11 voti a favore su 18 la risoluzione della maggioranza che indica al Governo di porre il veto sul tema in Consiglio europeo.

Il regolamento prevede che la genitorialità stabilita in uno Stato membro venga riconosciuta in ogni altro Stato membro in maniera automatica, che si tratti di figli di coppie eterosessuali, omogenitoriali, figli adottati o avuti con la maternità surrogata laddove è consentita. Un diritto che in Italia, dopo la decisione del centrodestra, si allontana.

«Pensiamo che le influenze negative di questo Governo stiano iniziando a farsi sentire». Silvio Cilento è presidente di Arci Cosenza e delegato nazionale ai Diritti civili dell’associazione.

Come avete accolto questa notizia?

«Appena sono iniziate le polemiche mi è venuto in mente il clima che si è respirato ai tempi dell’approvazione della legge sulle unioni civili in relazione alla stepchild adoption. In quell’occasione, invece di parlare di quello che era il tema, si è iniziato a parlare di cose che non c’entravano: adozioni, gestazione per altri. Lo stesso è avvenuto adesso: c’è stata la manifestazione di protesta a Milano, il giorno dopo si è cominciato a parlare di utero in affitto e di donne “costrette” a prestarsi perché in difficoltà economiche. Tra l’altro tutto il discorso è stato legato solo alle coppie omogenitoriali, ignorando completamente il fatto che anche le coppie eterosessuali possono ricorrere alla gestazione per altri. Il dibattito è marcio e privo di fondamento, oltre a denotare ignoranza. Inoltre ricordiamoci che parliamo di bambini: gli esponenti di questo Governo continuano a dire che i bambini non si toccano, ma è una violenza anche impedirgli di essere riconosciuti dai propri genitori. In Italia ci sono figli di coppie omogenitoriali che sono bambini sani, con vite normali, che vivono solo le stesse discriminazioni che vivono tutti gli altri bambini».

Quali sono i problemi concreti che si pongono?

«Possono esserci problemi che appaiono come piccoli ma che per i bambini sono grossi. Se un bimbo vive con due mamme o due papà solo uno dei due genitori è autorizzato ad andare a prenderlo a scuola, per esempio. Per l’altro è necessaria una delega, come fosse un estraneo. Le coppie omogenitoriali italiane che vivono all’estero hanno paura a venire in viaggio in Italia perché qui i loro figli non sono riconosciuti e diventa difficile, in caso di necessità, anche accompagnarli al pronto soccorso, spiegare ai medici: “Questo è mio figlio”. Ma diventano complicate tutte le pratiche relative a quelli che sono i diritti di un bambino durante la crescita, che possono sfociare in privazioni di tipo sociale che, quelle sì, fanno male davvero».

Ha citato prima la stepchild adoption: potrebbe servire ad arginare il problema?

«Siamo stanchi di arginare problemi. Siamo famiglie, è un nostro diritto essere riconosciute come tali, ed è un diritto dei bambini essere riconosciuti come figli dei propri genitori. La stepchild adoption non è una soluzione perché non parliamo dell’adozione da parte del partner di un genitore ma di un nucleo familiare dove entrambi i genitori devono essere riconosciuti per quello che sono».

Dal punto di vista del riconoscimento dei diritti Lgbt in che epoca si trova il nostro Paese?

«Negli anni Trenta. Pensi che solo nel 2023 si è iniziato a parlare in Italia di transgenitorialità: il primo libro scritto e presentato su questo tema è stato presentato la settimana scorsa, la rete nazionale dell’Arcigay ha organizzato un evento molto bello sui suoi canali. La transessualità e il transgenderismo sono stati depennati solo qualche anno fa dal libro delle malattie mentali. Siamo molto molto molto indietro. È vero che abbiamo le unioni civili, ma nei comuni della nostra provincia così come in tutta la Calabria sono ancora viste come cose strane, le amministrazioni sono sempre un po’ stupite, a volte le usano come stendardo perché fanno notizia. Negli altri Paesi è assolutamente regolare che ci siano coppie omosessuali o transessuali che si uniscono civilmente».

Le nuove generazioni sono più pronte di noi su questi temi?

«Come Arci Cosenza lavoriamo molto nelle scuole e vediamo che le nuove generazioni hanno una visione completamente diversa dell’affettività e della sessualità. C’è una fluidità anche affettiva e non solo sessuale nel loro modo di ragionare. Stiamo censurando anche loro. La scorsa settimana degli studenti mi hanno chiesto: “Ma tu un giorno pensi di avere un figlio? E come lo farai?”. Io gli ho risposto che sì, sicuramente immagino una famiglia con due bimbi, ma non so come arriverò ad averli, se con la gestazione per altri o con l’adozione. Loro allora hanno iniziato a domandarmi: “Ce la farai?”. Gli ho detto che non lo so, probabilmente il nostro Paese ci porrà ancora davanti tanti ostacoli. I ragazzi hanno questa visione di un futuro sempre più nero, che li spaventa, ed è un peccato perché così li chiudiamo in delle ampolle in cui non riescono a sviluppare tutte le loro potenzialità».

Elly Schlein. Molti ritengono che rappresenti una svolta decisiva nel Pd e per la sinistra in generale. Sicuramente il tema dei diritti, anche quelli Lgbt, è stato uno di quelli che hanno caratterizzato la sua corsa alla segreteria democrat. Lei la vede come una speranza?

«C’è da dire che nel corso degli anni in Calabria siamo stati contattati da diversi partiti, anche di destra, per organizzare insieme percorsi riguardanti i diritti Lgbt, ma poi quest’interesse è rimasto confinato alle campagne elettorali. È successa la stessa cosa a livello nazionale. Abbiamo anche spesso visto una sinistra “incerta”, per cui siamo arrivati all’elezione di Elly Schlein con molta diffidenza. Però sì, è una speranza. È stato bello vedere che ci sono state tante persone che hanno sentito il bisogno di un cambiamento nel Pd e si è trattato di un cambiamento anche di genere, in cui in più è emerso un orientamento sessuale differente rispetto all’eterosessualità. Sono molto contento di questo, anche se la diffidenza rimane. E la diffidenza fa dire: vediamo che succede. Adesso, almeno apparentemente, siamo dalla stessa parte e sosteniamo Elly e il suo percorso. La sua è un’altra idea di leadership ed è bello vederla contrapposta a quella di Giorgia Meloni, è un gioco politico anche abbastanza “formativo” in questo momento per noi italiani».