Il “Sistema” di Cosenza: droga, estorsione e usura finiscono nella “bacinella comune”
Rimangono inesplorati altri filoni investigativi che unirebbero diversi territori della provincia di Cosenza. Dall'area urbana alla Sibaritide, passando per la Media Valle del Crati
Droga, estorsione e usura. Tre attività illecite del “Sistema” di Cosenza, i cui proventi confluiscono nella “bacinella comune”. La Dda di Catanzaro parte da qui per sviluppare i temi investigativi che hanno portato all’ordinanza del 1 settembre 2022. Un giorno che passerà alla storia per le proporzioni dell’indagine: 202 misure cautelari, 245 indagati e 298 capi d’imputazione (diventati 302 alla chiusura dell’inchiesta).
Alcuni spunti del procedimento che vede coinvolti i clan degli italiani e degli “zingari” si trovavano già in “Overture“, dove i collaboratori di giustizia avevano fornito indicazioni sul cosiddetto “sottobanco” della droga, ovvero quei soggetti che spacciavano autonomamente sostanze stupefacenti senza acquistarla da chi gestiva il narcotraffico in città. Così i magistrati hanno messo insieme i pezzi del puzzle, ottenendo dalla procura di Cosenza un faldone investigativo molto importante datato 2018 che parlava proprio di narcotraffico. Da lì si sono mossi per giungere fino alla richiesta di misura cautelare. Ma non finisce qui.
Le vicende giudiziarie ancora in sospeso
Dalle carte dell’inchiesta contro la ‘ndrangheta cosentina si comprende bene come vi siano altri filoni d’indagine aperti che toccano sempre lo spaccio di droga e le estorsioni. Mancano però i canali di approvvigionamento che, ad oggi, rimane il tallone d’Achille di queste inchieste. Uno di questi potrebbe essere stato svelato dalla Dda di Reggio Calabria nell’operazione “Crypto“, in cui i cosentini Francesco Suriano e Roberto Porcaro sono stati condannati in primo grado a 20 anni di carcere. L’ipotesi è che Porcaro prendesse la droga ad Amantea, via Rosarno, per portarla a Cosenza. Questo dice, ad oggi, la sentenza del gup Sergi. Altre vicende ancora inesplorate unirebbero la zona dell’area urbana di Cosenza e quella della Sibaritide. Senza dimenticare ciò che succede nella Media Valle del Crati, dove tuttora resta irrisolto l’omicidio di Luigi Fumarola, un ragazzo di Bisignano, assassinato nel luglio del 2019.
Il “Sistema” spiegato dalla Dda di Catanzaro
Secondo la Dda di Catanzaro, che in Cassazione ha ottenuto la conferma delle ordinanze cautelari di tutte le figure apicali della presunta confederazione mafiosa cosentina, nel “Sistema” di Cosenza figurano «tutte le articolazioni criminali cosentine, per cosi dire “accreditate” e “autorizzate” allo svolgimento delle attività illecite, in particolare il narcotraffico, nonché le estorsioni e l’usura, svolte sulla base di una rigida divisione dei territori, dei quartieri e della tipologia di sostanza stupefacente».
«Il cosiddetto “Sistema”, si rivela come l’alleanza confederata delle organizzazioni cosentine con una “bacinella” comune laddove vengono versati i proventi relativi al narcotraffico, alle estorsioni, alle usure e quant’altro possa permettere l’arricchimento illecito» aggiungono i magistrati Vito Valerio e Corrado Cubbellotti, i quali descrivono che «con riferimento al traffico della sostanza stupefacente, può rilevarsi che, a Cosenza, mentre per il commercio della sostanza stupefacente del tipo eroina, vi è la assoluta “competenza” del clan “zingari” riconducibile alla famiglia Abbruzzese “Banana”, per il commercio della sostanze stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marjuana, non vi è un vero e proprio monopolio da parte di un gruppo, clan o cosca».
I pm antimafia infine fanno notare che chi non fa parte del “Sistema” deve «approvvigionarsi di stupefacente obbligatoriamente da coloro che ne fanno parte, incorrendo, in caso contrario nelle ritorsioni degli esponenti del cosiddetto “Sistema”». Non solo il mondo della droga funziona in questo modo, ma a ciò si possono aggiungere il “racket” e l’usura.
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