Processo Bergamini, Donata: «Il Cosenza ci propose un miliardo di lire, papà rifiutò»
Ripresa la testimonianza della sorella dell'ex centrocampista del Cosenza morto nel novembre del 1989 a Roseto Capo Spulico
Donata Bergamini torna in aula per testimoniare nel processo che vede Isabella Internò imputata per omicidio volontario aggravato. Al centro dell’istruttoria dibattimentale la morte di Donato Bergamini, l’ex centrocampista del Cosenza, deceduto il 18 novembre del 1989 a Roseto Capo Spulico, lungo la Statale 106 jonica.
Il rapporto con Roberta Alleati
Il pm Luca Primicerio ha ripreso il filo del discorso partendo dalle domande poste nella precedenza udienza. Uno degli argomenti toccati con Donata Bergamini è quello della lettera di Roberta Alleati, nella quale la ragazza di Russi raccontava ciò che gli avrebbe detto Denis prima di morire. «Non conoscevo Roberta Alleati prima della missiva» poi acquisita dalla procura di Castrovillari nella prima fase delle indagini terminate con l’assoluzione del camionista Raffaele Pisano.
Sempre l’accusa ha chiesto alla sorella di Donato quali squadre erano interessate all’ex mediano dei Lupi. «Sapevo dell’interesse del suo ex allenatore Bruno Giorgi, dove avrebbe dovuto giocare alle spalle di Baggio, e del Pisa oltre a quello del Parma» ha dichiarato Donata Bergamini. Inoltre, la testimone ha ricordato le parole che le disse Isabella Internò. «Mi riferì quali parole pronunciò dicendo che fece l’autostop a cinque macchine, poi solo a tre, prima di dire “ti lascio il mio cuore ma non il mio corpo” buttandosi sotto il camion».
Donata Bergamini ha anche parlato del rapporto che aveva il suo ex marito con Denis: «In certe cose si confidava più con lui che con me» ha detto in aula. Sulla notizia della morte di Donato, la sorella ha spiegato che «ci furono due momenti diversi, Guido lo apprese dai genitori di Brunelli, tant’è vero che quando mio marito va al bar mio padre non c’è più. Mia madre infatti chiamò lì e gli dissero che era tornato a casa». E ancora: «I genitori di Brunelli dissero che Denis aveva avuto un incidente, poi fermandoci in una piazzola di sosta mio marito riferì che Donato era morto buttandosi sotto il camion. Ebbe se non ricordo male un contatto con Claudio Lombardo».
«Mio padre voleva che Denis sposasse Isabella temendo che una famiglia del Sud potesse prendere male questa situazione, ma sono sicura che Donato non voleva sposare la Internò. Queste cose le ho apprese. Io in quel momento non c’ero» ha chiarito Donata in udienza davanti alla Corte d’Assise di Cosenza, presieduta dal presidente Paola Lucente (giudice a latere Marco Bilotta), parlando dell’aborto avvenuto in Inghilterra. «Denis si arrabbiò con me perché violai il suo segreto e mi disse che non mi avrebbe detto più niente della sua vita privata».
I contatti con Tiziana Rota e Maurizio Lucchetti
Passati alcuni danni dalla morte di Denis, Donata Bergamini ha iniziato a parlare “con il mondo”, come ha affermato il pm Primicerio. «Mi confrontai con tanti ex giocatori del Cosenza, compagni di squadra di Denis» ha confermato Donata. «Chiamai a Tiziana Rota tra il 1990 e il 1991, moglie di Maurizio Lucchetti, confidando che essendo amica di Isabella Internò le avesse rivelato qualcosa in più. “Mi ha confermato le solite cose, che Denis è stato così…” però non mi dava sicurezza, ritenevo che non mi avesse detto tutto». «Con i compagni di squadra non siamo mai stati aggressivi, pensavamo che se avessero qualcosa da dire ce lo avrebbero detto in tranquillità».
Tornando al contatto avuto con la famiglia Rota-Lucchetti, Donata ha citato la frase che le avrebbe detto Tiziana Rota dopo aver incontrato Isabella Internò in un bar cittadino: «”Piuttosto che sia di un’altra preferisco che sia morto”» ha detto la Bergamini in udienza a Cosenza. Di questa cosa venne informato l’avvocato Eugenio Gallerani, difensore all’epoca della famiglia Bergamini. «Il nostro legale poi sentì Tiziana Rota».
L’intercettazione tra Donata Bergamini e Tiziana Rota
Il presidente Lucente ha autorizzato la procura di Castrovillari a far sentire in aula l’intercettazione tra Donata Bergamini e Tiziana Rota, captata nel 2018 dall’allora procuratore Eugenio Facciolla. «Ci hanno convocato a Pavia» disse Rota alla sorella di Denis. «Mi hanno lasciato in questa caserma che faceva cagare, al freddo, infatti io ho sbroccato. Più di sei ore di interrogatorio tra me e Maurizio, mi hanno fatto vedere le foto del funerale, dicendomi di indicare chi riconoscevo. Mi hanno fatto un sacco di domande e ho detto tutto quello che sapevo, che sai anche tu».
«Loro hanno la certezza che Denis è stato ucciso» affermò Rota riferendosi agli investigatori. «Mi hanno detto che lei è indagata e rischia il carcere, se non patteggia si fa 30 anni di carcere». Donata, prendendo la parola, rispose: «Quelli di prima non avevano le palle». E ancora la Rota: «Il procuratore mi disse che questo è un delitto d’onore, la mafia non c’entra nulla». «Ho detto anche a Gallerani che lei lo seguiva ovunque, si nascondeva dietro le macchine per vedere cosa faceva» riferì Tiziana Rota a Donata Bergamini. «Non era normale che Isabella fosse morbosa nei suoi riguardi. L’ultima volta quando l’ho vista era una pazza, menomale che l’ha mollata ho pensato». «Lei non è stata sicuro, ma lei è la mandante» aggiunse Rota. «Dovevamo andare giù a Cosenza ma non potevamo lasciare il lavoro per diversi giorni» disse Lucchetti. «Facciolla mi confidò di avere la mia maglietta a casa» spiegò l’ex attaccante del Cosenza a Donata Bergamini
Gli oggetti consegnati a Donata Bergamini
L’esame poi è continuato sugli oggetti personali di Denis consegnati dai carabinieri alla famiglia Bergamini. «L’orologio era perfettamente funzionante, Ranzani non mi disse che le scarpe erano state lavate a Cosenza, disse che erano state prese e messe in una scatola. Sotto le scarpe ricordo che c’era un sassolino, solo questo». Donata, sollecitata dal pm, ha ricordato la telefonata avuta con Isabella, allorquando la sorella di Donato cercava di far uscire fuori nuove cose: «Lei era un disco rotto, diceva sempre la stessa cosa. Si è buttato sotto il camion, non rispondeva alle mie domande».
Il Cosenza calcio e la famiglia Bergamini
«L’unica cosa che mi viene in mente è che nel giorno del processo a Trebisacce ci fu detto che visto che avevamo sostenuto delle spese la società del Cosenza era disposta ad invertire le quote dell’assicurazione. A noi volevano dare un miliardo di lire, perché ritenevano che noi fossimo i più danneggiati, e a loro sarebbero rimasti 200 milioni di lire. A mio padre però i soldi non gli interessavano, non credevamo alla tesi del suicidio. Papà prima pensava che fosse un incidente ma quindi quando viene a conoscenza che l’omicidio colposo era un incidente stradale, non credeva neanche a questa ricostruzione» ha dichiarato Donata Bergamini in aula.
La conoscenza con Francesco Forte
«Vengo contattata da un avvocato, che era la cugina di Francesco Forte, affermando che mentre erano nello studio legale, la moglie di Forte dice al marito di raccontare cosa aveva visto la sera del 18 novembre del 1989. Mi disse anche che Forte ha paura. Poi Forte mi ha telefonato e ho registrato tutto anche perché ero seguita dall’avvocato Gallerani e chiesi al mio legale se lo potevo sentire, per paura di non essere creduta feci questa cosa» ha aggiunto Donata Bergamini. L’escussione della sorella di Donata è proseguita poi sui contatti avuti con alcuni testimoni del processo, tipo Salvatore Rinaldi, padre di Bernardino, tra le persone passate sul luogo della tragedia. «Ho visto solo una volta Donato con la Maserati ad Argenta in occasione di un funerale» ha risposto così Donata a una domanda del pm Primicerio.
L’esame della parte civile
«Sono sottoposta a terapia di supporto psicologico, ho avuto in passato un buco nero. L’ultima visita che ho fatto risale a due giorni fa» ha detto Donata all’avvocato Fabio Anselmo. «Buco nero? Ancora oggi mi chiedo come ho fatto a non crollare prima. Sono crollata se non sbaglio attorno al luglio 2022, ero in crisi forte. I miei figli furono i primi a farmi notare delle cose, che quando parlavo non ero chiara. Inoltre quando leggevo le cose di Denis non ricordavo cosa avessi letto. La diagnosi? Ero caduta in depressione, il mio medico di famiglia mi consigliò di essere seguita da un medico psichiatra». «Il rapporto con i miei nipoti dopo questo periodo è cambiato tantissimo. Anche lì mi accorgevo che avevo il bambino e mi scordavo di preparare il pranzo». «Per il processo di Trebisacce nominammo gli avvocati Franz Caruso», attuale sindaco di Cosenza, «Toschi ed Eugenio Donadio».
«Voglio precisare che quando fu ascoltata Isabella Internò nel processo di Trebisacce non ero presente, mi lessi i verbali, per arrivare alla tesi dell’omicidio dovevamo passare dall’omicidio colposo» ha aggiunto Donata Bergamini. “Finita un’udienza del processo di Trebisacce noi ci avviammo per entrare in un ristorante, ci fu detto “voi non potete venire con noi”». «Serra voleva aiutarci, il Cosenza pagò tutte le spese del funerale». «Dopo la conclusione del processo di Trebisacce scendemmo una volta in Calabria per ringraziare Padre fedele, poi non andai più perché mio padre temeva che facessero qualcosa anche a me».
Donata Bergamini sul libro di Carlo Petrini
L’avvocato Anselmo ha introdotto anche il tema del libro “Il calciatore suicidato” scritto da Carlo Petrini, edizioni Kaos. Donata, sul punto, ha detto che «eravamo contenti che Carlo Petrini volesse parlare della storia di Denis, era il momento giusto per farlo uscire. Si parlava in quel periodo di “toto nero”, qualcosa dunque legata al calcio, ma non alla storia di Donato. Petrini sosteneva che Denis era coinvolto nelle partite, diceva che era stato ucciso. Successivamente si incontrò solo papà con Petrini e quando mi venne data la prima bozza del libro capivo che c’era qualcosa che non quadrava. Mi arrabbiai tanto con Carlo, lui mi disse che erano necessario inserire supposizioni e cose vere».
«Dissi anche a mio padre che la bozza non mi piaceva, lui disse che “se vogliamo far riparlare di nuovo di Denis questa era l’unica soluzione. Scrivete quello che volete ma io voglio la verità”. Per fortuna che il libro uscì, lo dico oggi. Poi Petrini mi chiese scusa perché nel libro c’erano invenzioni e alcune verità. Io dissi a Petrini che non si trattava di droga e calcioscommesse. Pensavo infatti che l’omicidio fosse stato deciso dai familiari di Isabella Internò».
Donata ha poi proseguito: «Venendo a Cosenza ho avuto la conferma che Denis non aveva né una doppia vita né si comportava in modo diverso rispetto alla persona che conoscevamo noi». Dopodiché la parte civile ha chiesto e ottenuto di ascoltare l’intercettazione tra Donata Bergamini e Gigi Simoni, ex portiere del Cosenza. Nella conversazione Donata disse all’ex pipelet rossoblù che “voglio la verità, che sia droga, toto nero o amore, poco me ne frega”».
L’apertura del gruppo “Verità per Denis”
Nel corso degli anni la comunità cosentina si è sempre mostrata vicina alla famiglia Bergamini. Alcuni tifosi infatti si erano attivati per aprire una pagina Facebook denominata “Verità per Denis“. «Dopo l’apertura del gruppo mi scrive su Messenger Gianluca Tiesi, cognato di Isabella. Mi disse che qualcuno avrebbe indotto Denis al suicidio e che la Internò si era resa disponibile a parlare, poi tornò sui propri passi a seguito della trasmissione andata in onda a “Chi l’ha Visto” su RaiTre”».
Ed ecco l’argomento Eugenio Gallerani: «Lui valutava tutte le piste, ma quando sentiva le persone non ero presente in stanza, non ho mai visto firmare la verbalizzazione a un teste». Inoltre, Gallerani, nelle sue venute a Cosenza, parlava con diversi giornalisti ma gradiva la “penna” di Marco Cribari. «Era di suo piacimento, nel senso che apprezzava il suo modo di scrivere. Poi a Marano Marchesato, nel B&B di Conforti, ci fu una discussione perché Cribari riteneva che alcune mie interviste, nelle quali parlavo di Isabella Internò, potevano portare a una querela per diffamazione, ma ribadivo che Isabella si era contradetta senza darle la colpa di qualcosa. Sapevo che Gallerani e Cribari si erano scambiati alcuni documenti».
Infine, Donata, in conclusione dell’esame dell’avvocato Anselmo, ha ribadito che «nella prima fase della relazione Denis era comunque coinvolto, io conobbi Isabella in un’occasione, nel luglio del 1987, per la questione dell’aborto, e la vidi prima durante un allenamento, durante il quale me la indicarono sugli spalti. Prima della sua morte, Donato diceva che non era più interessata a Isabella Internò». Si tornerà in aula per il controesame delle difese.