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Processo Bergamini, il controesame di Donata: dal libro di Petrini alla conoscenza con Roberta Alleati

Si è conclusa la testimonianza della sorella di Denis. Tanti gli argomenti trattati. A maggio le udienze si terranno a Bologna

Processo Bergamini, il controesame di Donata: dal libro di Petrini alla conoscenza con Roberta Alleati

Donata Bergamini è tornata in aula per il controesame della difesa nel processo Bergamini. L’istruttoria dibattimentale deve accertare o meno la penale responsabilità di Isabella Internò, ex fidanzata di Denis, deceduto il 18 novembre del 1989 a Roseto Capo Spulico.

La prima parte del controesame, sostenuto dall’avvocato Angelo Pugliese, è stata incentrata sulle interrogazioni parlamentari e sugli articoli di giornale che parlavano del caso di Donato Bergamini, ex centrocampista del Cosenza, originario di Argenta, in provincia di Ferrara. Altre domande sono state poste sul libro di Carlo Petrini, dal titolo “Il calciatore suicidato”, edito da Kaos, che la famiglia Bergamini all’epoca non aveva apprezzato. Giudizio negativo espresso anche oggi in udienza a Cosenza dalla sorella Donata.

L’orologio di Denis Bergamini

Poi si è passati alle domande sugli oggetti consegnati dal brigadiere Barbuscio ai familiari di Denis. Tra i quesiti posti a Donata Bergamini quello sul quadrante dell’orologio. «Non abbiamo mai cambiato l’orologio che aveva Denis», ma il legale di Isabella Internò ha ribadito che «sul computer abbiamo visto l’orologio che indossava quel giorno mio fratello, era comunque funzionante quando ce lo consegnò Barbuscio». L’avvocato Pugliese ha incalzato la testimone: «Ma aveva il quadrante nero o bianco?» ha chiesto il legale. «Io non ho guardato questa cosa perché pensavo al fatto che mi avevano ucciso un fratello». «L’orologio consegnato da Barbuscio non ricordo se papà lo aveva tirato fuori altre volte. Ricordo però che l’avvocato Gallerani chiese a mio padre di prendere tutti gli orologi». Siamo nel 2009.

La Maserati

«La Maserati per un certo tempo è stata nella nostra disponibilità. Poi mamma non voleva vederla e così ci fu un passaggio di proprietà ad alcuni amici. Lavori all’interno? Internamente non saprei, esternamente forse venne lucidata. L’avevano usata pochissimo, probabilmente per un viaggio all’estero«. La Maserati fu riacquistata in un secondo momento. «Non ricordo quando, forse alla riapertura delle indagini e consegnata all’autorità giudiziaria».

Le scarpe

«Non ricordo quando Denis aveva comprato quelle scarpe, perché erano diverse l’una dall’altra». Qui l’avvocato Pugliese ha contestato una precedente dichiarazione di Donata Bergamini. «Le scarpe che vedemmo nel dicembre del 1989 erano le stesse viste nella foto in cui si vedeva Denis morto sull’asfalto» ha chiarito la sorella del defunto.

Le perquisizioni

«Nel 1989 non ci sono state perquisizioni, successivamente non ricordo se siano avvenute. Ho sempre dato io quello che avevo alla magistratura anche se Abbate non credeva a ciò che gli dicevo» ha dichiarato Donata Bergamini. La documentazione consegnata ai pm in un primo momento era stata visionata solo dai familiari, poi dai legali della famiglia. «Ad Abbate diedi gli oggetti che avevo trovato nella casa di Cosenza, a Gallerani invece di sicuro quelli che avevo a casa, a Toschi però non ricordo». E ha aggiunto: «Gallerani ha scelto i documenti da allegare per la strategia difensiva, solo in un caso non ero d’accordo con lui, mentre l’avvocato Anselmo voleva far parlare “il corpo di Denis” e io ho condiviso questa scelta».

Le videocassette di Denis

«Video con Roberta Alleati? No, non ce n’erano. Solo una cassetta con Isabella Internò prima al mare e poi a Londra». Poi la lettere: «Non ricordo se ho guardato il timbro oppure no, non ricordo se c’era il francobollo, alcune erano state spedite, anche in riferimento agli anni passati, forse c’era l’indirizzo di Boccaleone».

Estate 1989, la casa a Milano Marittima

Donata Bergamini ricordava che Denis avesse visitato la casa estiva di Milano Marittima insieme a Roberta Alleati e rispondendo alla domanda dell’avvocato Pugliese ha ipotizzato che la ragazza di Russi avesse trascorso un periodo con lui sulla Riviera Romagnola. Circostanza già smentita da Roberta Alleati in aula che ha negato di aver passato del tempo insieme a Denis a Milano Marittima. «Se Denis aveva la foto di Isabella sul comodino? No, non lo sapevo». Ma era il periodo in cui, come dichiarato da Rudy Brunelli, ex portiere del Cosenza, Donato prendeva l’aperitivo con Isabella, Brunelli e la compagna di quest’ultimo. Donata non ne era a conoscenza. La testimone, inoltre, dopo aver letto la lettera inviata a Denis da Antonella Leoncini, ha risposto a una domanda sulle amiche portate a casa dal fratello. «Ricordo Donatella Borea di Ferrara e una certa Rita di Boccalone. Antonella Fregnani? Ricordo di averla vista al funerale».

Il funerale prima della partita di Monza

La sorella di Denis, sollecitata dalle domande del difensore, ha ricordato anche il funerale del papà di sua cognata. «Ci fu a ottobre del 1989. Se mi aveva parlato di Roberta Alleati? No, lo sentivo una o due volte a settimana ma non mi parlava di nessuna donna», evidenziando successivamente di non conoscere Roberta Alleati prima della lettera ricevuta all’indomani della scomparsa di Donato. La testimone, altresì, ha spiegato di aver pensato da sempre che il fratello fosse stato ucciso e che Isabella Internò sapeva la verità perché si trovava lì. «Riconducevo tutto all’aborto». E ancora: «Che sappia io Denis non ha mai lasciato il ritiro, era ligio alle regole del calcio».

Il dossier Gallerani, Panunzio e il quesito di Toschi

«Panunzio e Gallerani si erano sentiti» ha detto Donata. In questo caso l’avvocato Pugliese ha tirato fuor la richiesta di riapertura delle indagini citando Gallerani che nel dossier portato in procura non aveva inserito la testimonianza di Panunzio, colui il quale portò Isabella Internò al bar di Mario Infantino. A ciò si aggiunge l’argomento delicato circa il suicidio della zia di Donata e Denis, la sorella del padre. «Papà e mamma dicevano che era entrata in depressione con la nascita di suo figlio, era chiusa in una casa di cura, ogni tanto aveva qualche permesso per uscire. Si chiamava Leondina». Poi un riferimento ad altri episodi depressivi in famiglia. «A parte me che io sappia nessuno più» ha detto Donata.

«Mio fratello depresso?» si è domandata la testimone, ridendo ironicamente. Ma è la circostanza in cui il legale Angelo Pugliese ha introdotto l’argomento della sieropositività, pescando un quesito dell’avvocato Andrea Toschi. «Il collega invitata i consulenti ad accertare se Denis fosse sieropositivo» collegando il tutto alla telefonata ricevuta il 13 novembre del 1989 mentre era a casa ad Argenta. «Non glielo so dire se ne abbiamo parlato nel 1990» riferendosi a Toschi. «Con Denis mai parlato dell’Hiv né sono a conoscenza che fosse andato a ritirare delle analisi sull’Hiv», aggiungendo che «se fosse stato sieropositivo non avrebbe mai baciato la mia piccola Alice». Prossima udienza il 28 aprile mentre il 19 e 20 maggio 2023 il processo si sposterà a Bologna.

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