venerdì,Marzo 29 2024

Cosenza, le fughe “acrobatiche” del latitante Francesco Strangio

Prima di essere preso a Rose il narcos reggino evitò due volte l'arresto in modo rocambolesco, dietro di lui una presunta associazione a delinquere

Cosenza, le fughe “acrobatiche” del latitante Francesco Strangio

Prima di essere arrestato a Rose, il 14 febbraio del 2019, il latitante reggino Francesco Strangio è stato per due volte sul punto di essere acciuffato dai carabinieri. In entrambi i casi, è riuscito a fuggire sfruttando le proprie doti acrobatiche. È accaduto fra settembre e novembre del 2018, pochi mesi prima che su di lui si chiudesse il cerchio investigativo.

All’epoca, il quarantenne originario di San Luca era ricercato da circa un anno e la sua prospettiva era di scontarne quattordici in carcere perché condannato in via definitiva per narcotraffico. Dalle indagini è emerso che si era stabilito in provincia di Cosenza non solo per nascondersi, ma anche per continuare a produrre droga. Sono due, infatti, le maxi-piantagioni d’erba rinvenute in quel periodo fra Montalto e San Martino di Finita e il sospetto, se non la certezza, è che in ambedue i casi a impiantarle sia stato sempre lui in società con gente del posto.

In tal senso, le indagini sono proseguite anche dopo l’arresto di Francesco Strangio e hanno consentito di identificare una rete di complici che oltre a favorire la sua invisibilità erano entrate in affari con lui. Ciò ha consentito agli inquirenti di ipotizzare l’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. A tal proposito, sono almeno venti le persone, sia uomini che donne, iscritte nel registro degli indagati di “Shiva”, nome convenzionale assegnato alla relativa inchiesta giudiziaria. Il fascicolo, inizialmente in mano alla Procura di Cosenza è stato poi assorbito dalla Dda di Catanzaro per confluire nell’operazione “Reset” al pari di tanti procedimenti antidroga ancora coperti da segreti istruttorio.

Il 16 settembre del 2018 i carabinieri sfiorano per la prima volta Strangio. Quel giorno, infatti, fanno irruzione in un casolare a Taverna di Montalto Uffugo e mettono le mani su ben 180 chili di marijuana che provengono da una vasta coltivazione con tanto di essiccatoio impiantata in un terreno poco distante. In quel caso, riescono ad arrestare il proprietario della casa, ma altre due persone riescono a svignarsela dopo essersi calate da un balcone con una fune. Uno di loro, però, lascia all’interno dell’abitazione i telefoni, un quaderno su cui sono registrati diversi movimenti di denaro e un passaporto intestato a un soggetto di Reggio Calabria. È un cugino del latitante, ma ancora nessuno può saperlo.

Alcuni degli appunti contabili ritrovati in uno dei nascondigli utilizzati da Francesco Strangio durante la sua latitanza

Il quadro si fa più nitido due mesi dopo, quando un altro blitz antidroga, eseguito a Santa Maria Le Grotte, frazione di San Martino, ha per i militari l’effetto di un dèja-vu. Pure in quel caso, viene rinvenuta una piantagione di canapa, stavolta in serra, e come se non bastasse, al raid segue la fuga precipitosa di due uomini. I carabinieri li vedono saltare da una finestra e lanciarsi nella campagna in una corsa a perdifiato. La coppia scavalca diverse staccionate e, rapidi come gazzelle, fanno perdere le loro tracce. In casa, però, abbandonano altri telefonini e poi qualcosa di molto compromettente: alcune fototessere, una delle quali immortala proprio Francesco Strangio. Da allora sarà solo questione di tempo.

Tre mesi più tardi, la caccia all’uomo si conclude in un appartamento di contrada Petraro, a Rose. Carabinieri e poliziotti giungono sul posto in grande stile e cinturano la zona per chiudere ogni possibile via di fuga al ricercato. Alla vista delle divise, Strangio è mosso sempre dal medesimo istinto: corre verso la finestra, ma stavolta non può saltare di sotto e quindi si limita a scaraventare nella vegetazione tre chili di cocaina e il solito cellulare. Tentativo vano perché il pacco sarà rinvenuto pochi minuti dopo dalla polizia. E così, il cerchio si chiude definitivamente su di lui mentre un altro, dalla circonferenza più ampia, si delinea proprio a partire da quel momento.