Un anno in più
La salvezza del Cosenza conquistata all'ultimo soffio al Rigamonti suona come un avviso. Viali ha meritato sul campo la riconferma. È l'occasione giusta per costruire attorno a lui il progetto che è sempre mancato dal ritorno tra i cadetti.
Quarantott’ore prima del playout di ritorno, il lavoro mi porta a Zeri, un piccolo paesino della Lunigiana toscana. Un pullman con una ventina di ragazzi a bordo è uscito fuori strada tra le curve di una vecchia regionale, fino a bloccarsi dopo una corsa di quasi cento metri in un dirupo.
Parto perciò da Firenze convinto di andare a raccontare una tragedia: la conta di morti e dispersi, le testimonianze dei sopravvissuti. E invece più macino chilometri, più le varie fonti al telefono mi confermano l’incredibile: venti feriti, un paio dei quali seri ma non gravi, la gran parte lievi.
Arrivo all’ospedale di Pontremoli, dove sono confluiti quasi tutti i codici verdi. E, d’improvviso, mi pare di ritrovarmi in una canzone di De Gregori, in mezzo a gente con gli occhi aperti, che sanno benissimo cosa fare. Perché, mentre il pullman sbandava, una ragazza ha cercato in tutti i modi di afferrare lo sterzo e correggere la rotta. Quando invece il mezzo ha arrestato il suo precipizio, un altro ragazzo ha applicato una per una le regole del primo soccorso apprese in una di quelle mattinate oziose a scuola (quelle in cui io avrei giocato a tressette in fondo all’aula): respirazione bocca a bocca, massaggio cardiaco e via dicendo. I feriti più gravi sono stati salvati così. Un altro ancora ha risalito la scarpata e, insieme a un anziano del posto, ha legato una corda al guardrail per aiutare a recuperare i più anziani che erano a bordo. Parliamo di ragazzi di sedici anni.
Siamo noi che abbiamo tutto da vincere o tutto da perdere, cantava il Principe. E cosa c’è di più vicino a questo della gara di ritorno dei playout al Rigamonti? Un primo tempo in controllo, il gol di Bisoli a metà ripresa, la parata d’istinto col piede di Micai: il pullman che scivola a scatti tra gli alberi, verso il fondo del burrone. È stato terribile. E poi: il fallo conquistato da Zilli al minuto 95, la parabola a uscire disegnata da Brescianini, l’inzuccata di Meroni, la palla che danza sulla linea proprio sotto il nostro settore. Un gruppo in pericolo è ricorso alla più banale procedura d’emergenza (la palla inattiva) per risalire la scarpata nella quale s’era cacciato. È stato bellissimo.
Ma attenzione, nessuno si senta escluso. Perché, quasi come un ammonimento, quella che avrebbe dovuto essere la nostra festa è stata interrotta da ciò che è accaduto nella curva bresciana (e, poco dopo, fuori dal nostro settore). È vero che il paranormale sembra averci messo lo zampino ancora una volta, ma a me stavolta il finale è suonato davvero come un avviso: la campanella dell’ultimo giro.
Non era mai successo nella storia della serie B che una stessa squadra vincesse per due volte consecutive il playout. E, dunque, a questo anno in più che ci siamo guadagnati è necessario dare un senso. Belli i miracoli, bello Larrivey, bello Meroni, bello bello bello, ma anche basta.
Due anni fa Goretti, arrivato ad agosto, aveva diverse attenuanti. Ne ha invece pochissime Gemmi, ingaggiato a giugno. Io, noi, potevamo sopravvalutare Matosevic dopo il match di Coppa Italia a Bologna; lui e lo staff tecnico no. Io, noi, potevamo entusiasmarci per l’arrivo di Calò; lui e lo staff tecnico dovevano conoscerne tempi di recupero (lunghi) e motivazioni (scarse). Io, noi, avevamo ragione a dubitare di Gozzi, Butic, Merola e Brignola; ed è bastato l’arrivo di giocatori esperti come D’Orazio, Marras e Micai a evitare il naufragio.
Le retrocessioni di società importanti come Benevento, Spal, Brescia e Perugia non possono essere sempre un alibi. Obiettare che la serie B costa è un’ipocrisia. La serie B frutta. Con la guida tecnica e due o tre elementi giusti dall’inizio della stagione, questo Cosenza avrebbe potuto navigare in acque più tranquille (e, magari, togliersi qualche soddisfazione). Questa consapevolezza deve fare rabbia. Come per i ragazzi del pullman di Zeri: va bene essere scampati alla morte, ma cosa ci ha portato in fondo alla scarpata? Casualità? L’autista si è addormentato? Il mezzo era vetusto?
Le cose appaiono più chiare, secondo Eddie Vedder, se osservate nello specchietto retrovisore. Dal 2018 a oggi solo tre squadre non si sono mosse dalla cadetteria: noi, Cittadella e Ascoli; indovinate qual è l’unica a non aver mai disputato i playoff. E, nel frattempo, non poche società arrivate dalla serie C hanno fatto campionati molto più dignitosi dei nostri.
La prossima stagione potrebbe essere molto livellata. In attesa di una tra Verona e Spezia, ci saranno una Samp in cerca di riscossa (e ben foraggiata dalla nuova proprietà) e la Cremonese. Bari o Cagliari, Parma, Venezia, Palermo e poi tante provinciali. E, soprattutto, tre calabresi come non accadeva da oltre trent’anni.
Le retrocessioni eccellenti potrebbero infiammare da subito il mercato, ma occorre muoversi presto. Decidere se Gemmi deve restare. Per me no, perché la clausola di rinnovo automatico in caso di playoff l’ha voluta lui. Stupire è un verbo che ha usato lui e il timido mea culpa di gennaio vale a poco. La riconferma la merita di sicuro William Viali. E quindi, se i due sono in sintonia, per me possono restare entrambi. Lo ripeto per chiarezza: sarebbe Viali a trainare Gemmi, non viceversa.
Ripartire da Viali permetterebbe di raccogliere ciò che di buono si è seminato. Una difesa solida, che andrebbe solo ritoccata, con Micai punto fermo. A centrocampo, con la probabile cessione di Florenzi, rimarrebbero Voca e Calò: da rifondare, insomma. Non punterei su D’Urso, mentre farei un tentativo per Brescianini e Marras. Da inventare anche l’attacco. In una parola: investire.
Un discorso logico dovrebbe portare a dire che il tempo del profitto a zero spese è finito. Temo che invece si continuerà a farlo, nonostante le solite promesse di alzare l’asticella. Spero di sbagliarmi. Altrimenti l’anno in più che abbiamo conquistato al Rigamonti, il sesto consecutivo in serie B, ci porterà ancora una volta sul ciglio di Zeri. E la storia, quando si ripete, a volte finisce per giocare brutti scherzi.