lunedì,Settembre 25 2023

La “sentenza” del Riesame: «Annamaria Artese non ha commesso alcun reato»

Esclusa la gravità indiziaria nell'aggiudicazione del centro diurno per minori, già chiarito nella vicenda relativa alla dirigente Roberta Vercillo

La “sentenza” del Riesame: «Annamaria Artese non ha commesso alcun reato»

Annamaria Artese non doveva essere interdetta. Il Riesame di Catanzaro, accogliendo il ricorso presentato dall’assessore comunale di Rende, sottolinea come nei confronti dell’amministratrice cosentina non vi sia un briciolo di gravità indiziaria in un contesto accusatorio che, per la parte interessata all’indagata, era stato già chiarito dal Tdl con una pronuncia nei confronti del dirigente comunale Roberta Vercillo. Si tratta del capo d’accusa relativo al centro diurno per minori, la cui gestione fu affidata alla cooperativa “Il Melograno“. Imputazione che riguarda anche il sindaco sospeso di Rende, Marcello Manna. Per Artese, dunque, sono insussistenti i gravi indizi di colpevolezza.

Rende, posizione di Annamaria Artese: le motivazioni del Riesame

In due pagine, il Riesame di Catanzaro riassume il compendio investigativo della procura di Cosenza per la posizione di Annamaria Artese. All’assessore di Rende, relativamente al capo 23 della rubrica imputativa, viene contestata una presunta turbativa d’asta, attuata con mezzo fraudolento, allo scopo di favorire l’aggiudicazione del servizio di gestione del centro diurno per minori alla cooperativa sociale “Il Melograno“.

Secondo il Riesame di Catanzaro, che chiunge a conclusioni differenti rispetto al gip di Cosenza Piero Santese, «il compendio investigativo, oltre a non essere sufficiente a comprovare l’apporto fornito dalla Artese all’ipotesi delittuosa in esame, non consente di ritenere illecita l’attività posta in essere dagli indagati». Quanto alla posizione di Annamaria Artese, il costrutto accusatorio che si fonda su un’unica intercettazione ambientale non regge in alcun modo dal punto di vista cautelare e indiziario. Per i giudici infatti «tale conversazione» non è «sufficiente a certificare la partecipazione dell’indagata a un’attività eventuale di indebita restrizione della concorrenza, tesa a favorire la cooperativa “prescelta”, non potendosi ragionevolmente fondare tale conclusione sul solo sarcastico riferimento, contenuto nel dialogo citato, al “ringraziamento” riservato dalla Volpentesta all’amministrazione comunale Manna».

Per il Riesame, inoltre, «la contestata riduzione – da 152.536,00 a 140mila euro – della soglia media di fatturato annuale e di quella triennale – da 457.608,00 a 420mila euro – non appare univocamente diretta a privilegiare la cooperativa “Il Melograno” tra tutti i possibili partecipanti alla procedura aperta, non ravvisandosi in tale scelta discrezionale un elemento così specializzante o selettivo da falsare la concorrenza».

Il lavoro svolto dalla difesa

I difensori di Annamaria Artese hanno rappresentato che le alternative disponibili (la proroga tecnica del servizio, precedentemente affidato alla cooperativa “Il Melograno” o il ricorso alla procedura negoziata senza bando dopo la gara andata deserta) avrebbero favorito con maggiore incisività la suddetta cooperativa, se questa fosse stata la reale intenzione degli indagati. Il Riesame, condividendo le tesi difensive, sottolinea come le azioni intraprese dagli indagati, e in particolare da Annamaria Artese, abbiano escluso il disvalore penale dal fatto oggetto di contestazione.

Infine, per il capo 25 il Riesame di Catanzaro ritiene come non sia configurabile in termini di turbativa d’asta atteso che, dalla lettura delle conversazioni intercettate, non appare emergere né l’esistenza di un accordo collusivo né la chiara volontà dei soggetti coinvolti di turbare il regolare svolgimento della procedura pubblica. Sulla base degli atti, il Riesame evidenzia, nella vicenda delle carenze strutturali del centro anziani di Rende, come gli interventi fossero frutto di eventi imprevedibili, «verificatisi nella fase successiva all’aggiudicazione». Annamaria Artese è difesa dall’avvocato Giorgio Misasi.

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