«Con Francesco subito empatia ma non ho avuto né tempo né modo di applicare le mie competenze»
L'insegnante rivolte il suo intervento alla madre del bambino: «Non si possono mettere in discussione professione e professionalità di chi neanche si conosce»
Riceviamo e pubblichiamo la precisazione inviata da una maestra di sostegno citata nell’articolo dal titolo “Francesco parla a sei anni grazie alla maestra di sostegno, ma lei è una supplente e oggi dovrà dirle addio”
……”lo scorso settembre iscrive Francesco in prima elementare. Alla De Matera- Don Milani la maestra di sostegno è un avvocato che, a in certo punto della vita, deve aver pensato di ripiegare sulla scuola”.
Gent.le sig.ra Manuela, non avrei voluto assolutamente leggere quello che lei ha scritto, facendo riferimento esplicito alla sottoscritta, insegnante del suo bambino nei primissimi giorni di scuola, pertanto corre l’obbligo di risponderle per un senso etico e professionale. A spingermi è proprio quella forma mentis, che ad essere avvocato ci si porta dentro sempre e per sempre, a ricercare e difendere la verità oggettiva delle cose.
Io voglio chiedere alla Sig.ra Manuela solo 2 cose: Cara Signora quante volte io e lei ci siamo viste? Quanti giorni sono stata la maestra di suo figlio? Glielo ricordo io, 1 o 2 volte ci siamo viste, meno di 15 giorni ho vissuto questo incarico, più precisamente dal 14 al 30 settembre, escludendo i sabato e le domeniche, in questa classe sono rimasta non più di 10 giorni, tempo insufficiente da parte dell’insegnante per un’attenta osservazione del discente, al fine di poter operare ponendo l’attenzione sul bambino tout court, e poi passare alla didattica vera e propria. Io non ho avuto né tempo né modo di applicare le mie competenze, né lei di constatarle.
Quindi cara signora Manuela, lei non mi conosce né come persona né come professionista, né come insegnante né come avvocato. L’unica cosa che potrebbe dire che non c’è stata empatia tra lei e me, solo da parte sua, a differenza del suo bambino, con il quale l’empatia c’è stata, tant’è che quando mi vede corre ad abbracciarmi, salvo poi, essere richiamato dalla sua maestra.
Quello che voglio dire Signora, che quando si raccontano le cose, bisogna dirle per quelle che sono, non rincorrendo l’enfasi del momento, perché in questo modo si possono mettere in discussione professione e professionalità di chi neanche si conosce. Questo inciso mi interessava fare. Per il resto le auguro una bella e buona vita. (lettera firmata)
- Tags
- Cosenza