martedì,Aprile 22 2025

Psc di Rende, la minoranza vuole farlo annullare dai giudici | VIDEO

Ipotesi ricorso al Tar, oltre a violazioni del regolamento si adombrano situazioni di incompatibilità da parte di alcuni consiglieri che l'hanno approvato

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Per accertare eventuali irregolarità commesse nella seduta lampo di approvazione del Piano Strutturale Comunale dello scorso 30 maggio, la minoranza consiliare di Rende, o perlomeno una parte della minoranza, quella dell’aggregazione Rende x Rende, sta valutando se vi siano gli estremi per un ricorso alla giustizia amministrativa orientato ad ottenere un annullamento della delibera.

Il documento, come si ricorderà, è stato adottato seguendo una procedura quanto meno irrituale di avvio dei lavori con precisione svizzera, prima che tutti gli elementi dell’assise giungessero nel salone di Piazza Matteotti, con una discussa inversione dell’ordine del giorno e senza il consueto dibattito che normalmente accompagna la ratifica di provvedimenti di fondamentale importanza per i cittadini.

Il capogruppo di Rende x Rende Michele Morrone e gli altri due elementi del sodalizio, Massimiliano De Rose ed Enrico Monaco, nel corso di una conferenza stampa organizzata all’Hotel Domus, hanno parlato di palesi violazioni di regolamento. Ma anche della possibile votazione favorevole da parte di membri dell’assemblea in condizioni di incompatibilità perché portatori di interessi sullo strumento urbanistico, di natura personale oppure per parentela entro il terzo grado.

Non è escluso che anche altri segmenti della minoranza potrebbero avallare e sostenere la decisione di adire le vie legali. Non sarebbe solo una battaglia di testimonianza; infatti è vero che, qualora il Tar ed eventualmente il Consiglio di Stato dovessero riconoscere una infrazione del regolamento tale da rendere nulla la delibera sul Psc, l’amministrazione potrebbe agevolmente riportare la pratica in discussione per una nuova approvazione. Ma l’adozione-bis non sarebbe possibile se nelle more dovesse arrivare lo scioglimento per infiltrazioni mafiose, in conseguenza della relazione trasmessa al Viminale dalla Commissione di accesso insediatasi all’indomani dell’operazione Reset.

I tre consiglieri comunali sono entrati pure nel merito del Piano stesso, sollevando dubbi sulla opportunità di alcune scelte. Soprattutto sulla esclusione dei Piani Attuativi Unitari, i Pau, dal nuovo strumento urbanistico. Su queste aree, istituite nel 2008 su una superficie totale di circa 200 ettari, concentrata nelle contrade di Santa Chiara e Santa Rosa, ma pure in altre zone come contrada Linze, i proprietari hanno corrisposto negli anni l’IMU sulla base di una potenzialità edificatoria ancora non concretizzata e che adesso, con quanto previsto nel Psc, potrebbe rimanere solo sulla carta, hanno spiegato i tre consiglieri Morrone, Monaco e De Rose, per altri vent’anni. «Perché il Piano Strutturale Comunale riserva un aumento delle volumetrie fino a 3,5 in zone ad esse limitrofe su cui – hanno ribadito – sarà quindi concentrato l’interesse dei costruttori. In particolare lungo Viale Principe in senso longitudinale, fino a Quattromiglia, sono previsti 1.400 nuovi appartamenti, praticamente di fronte alle località Santa Chiara e Santa Rosa dove, con la scadenza dell’efficacia dei Pau nel 2018, i permessi per costruire vengono rilasciati a discrezione degli uffici. Noi avremmo preferito uno sviluppo per cerchi concentrici e non solo sull’asse Sud-Nord. Non vogliamo chiederci chi potrà beneficiare e quindi arricchirsi in seguito a questa politica di espansione urbanistica, tutt’altro che ispirata dal principio di perequazione, ma almeno guardare a chi si impoverisce. I proprietari dei terreni ex Pau resteranno in un limbo senza poter valorizzare lotti su cui da anni hanno continuato a pagare ingenti tributi, mentre a pochi metri di distanza qualcun altro potrà edificare a volontà».

C’è poi l’aspetto poco noto dello stadio Marco Lorenzon, privato di potenzialità edificatoria: «Quei volumi sono stati spostati da un terreno di proprietà del Comune e quindi della collettività, e spalmati in altre zone della città».

Di questi argomenti si sarebbe dibattuto in consiglio comunale se la discussione sul Psc si fosse svolta: «Se anche la procedura regolamentare seguita dovesse risultare corretta – hanno detto Morrone, De Rose e Monaco – certamente approvare in nove minuti un Piano su cui si è lavorato per nove anni è almeno da ritenersi poco etico sotto il profilo politico».

Secondo Massimiliano De Rose, in particolare, il presidente del Consiglio Gaetano Morrone, invece di mettere ai voti il Psc, avrebbe dovuto preliminarmente prendere in analisi la sua proposta di inserimento all’ordine del giorno di un ulteriore punto di discussione: quello della costituzione di parte civile del Comune di Rende, proprio nel procedimento Reset scaturito dall’operazione della Dda di Catanzaro nella quale sono rimasti invischiati pure il sindaco sospeso Marcello Manna e l’assessore dimissionario Pino Munno.

«La vicesindaca facente funzioni Petrusewicz e il Laboratorio Civico – hanno affermato gli esponenti di Rende x Rende – nei giorni scorsi hanno diffuso una nota spiegando che l’amministrazione non intende compiere questo passo per garantismo. E però – ricorda in particolare il consigliere De Rose – proprio il sindaco Marcello Manna decise per la costituzione di parte civile nel 2017 quando alla sbarra finirono due dirigenti del municipio. Quindi mi pare che ci sia una sorta di garantismo a convenienza. A nostro parere invece si tratta di un passaggio necessario poiché funzionale a marcare una presa di distanza del Comune da ogni forma di illegalità, a prescindere dal coinvolgimento nello specifico caso di elementi del governo cittadino. E poi anche per le implicazioni rispetto alla decisione attesa sullo scioglimento e all’eventuale successivo ricorso al Tar».

Sul punto viene menzionato il precedente del Comune di Fabrizia del 2011, sciolto appunto per infiltrazioni mafiose. L’ente impugnò il provvedimento davanti alla giustizia amministrativa che si determinò in maniera negativa, evidenziando come «la mancata costituzione di parte civile dell’amministrazione – ha sostenuto ancora Massimiliano De Rose – nel processo penale contro le cosche del territorio era elemento fortemente indiziante della presenza del fenomeno e della potenziale contaminazione in seno al municipio. C’è ancora tempo – ha ricordato il consigliere – per compiere questo passo e rimediare».

Nel corso della conferenza stampa si è parlato pure dell’ipotesi della Grande Cosenza e della città unica. Il gruppo Rende per Rende non sarebbe contrario a prescindere alla fusione, ma invoca uno studio di fattibilità per poter esprimere una valutazione coerente. «Il rischio – ha detto Michele Morrone – è quello di penalizzare il centro storico e le altre aree periferiche. Occorre procedere prima con una integrazione dei servizi e con una interlocuzione tra gli enti interessati».