A Rende la politica era finita prima dell’amministrazione Manna
L'implosione dell'esperienza riformista ha lasciato ferite profonde come dimostrano i profili degli ultimi due sindaci e l'assenza di azione politica
«Si fossero dimessi prima si sarebbe evitata quest’onta».
«Speravamo nel buon senso, non pensavamo a quest’epilogo a pochi mesi dalla fine della consiliatura».
Queste sono le frasi più ricorrenti, da una parte e dall’altra, nel commentare lo scioglimento del Comune di Rende per infiltrazioni mafiose. Ma è davvero così? La politica a Rende era davvero pronta ad affrontare l’imminente campagna elettorale?
A noi pare di no, ma non avremo mai la controprova perché le elezioni che hanno incoronato sindaco Marcello Manna rischiano di essere state le ultime per la città d’oltre Campagnano. Il centrodestra è pronto, infatti, a pigiare sull’acceleratore per la fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero il cui scioglimento dei centri di governo è previsto, nella proposta di legge presentata, il primo febbraio 2025 (guarda caso proprio quando scadono i 18 mesi di commissariamento del Comune).
La verità che ci consegna lo scioglimento di Rende, al netto degli eventuali risvolti penali, è tutta politica. La decisione di ieri del CdM pare la parabola finale di una vicenda che parte da lontano e che si intravedeva in nuce già nelle amministrazioni che hanno preceduto Manna e che con lui hanno un filo politico comune. Questo filo è l’implosione della lunga e fortunata esperienza amministrativa riformista targata Principe. Una storia trentennale che ha reso Rende una città moderna, che assicura servizi non solo ai suoi residenti, ma anche ai 35mila iscritti all’Unical, che è stata antesignana di una edilizia popolare moderna, che ha anticipato di anni l’attenzione al green. Sono stati anni di grande sviluppo con quartieri interi nati in luogo di strade a scorrimento veloce, musei, chiese, parchi.
Finita, per volontà degli elettori, quella fase quell’esperienza non è riuscita a trovare un aggregato politico. Ne è riprova il fatto che gli altri sindaci che si sono succeduti sono stati quasi elaborati in provetta, non sono stati frutto della realtà locale bensì importati da fuori. Anche in questi nove anni di esperienza Manna con il suo Laboratorio Civico, i partiti hanno giocato ruoli da comparse, al massimo si sono mimetizzati in quel movimento con proprie teste di legno. L’opposizione al penalista si è limitata a qualche invettiva, ma di azione politica messa in campo se n’è vista ben poca. E sul poco che si è visto meglio tacere (vedi l’ultimo consiglio comunale sul Psc). Del resto lo sviluppo di Rende è stato tanto positivo quanto impetuoso. Colpa anche di qualche errore della vicina Cosenza che ha conosciuto un blocco edilizio durato dal 1975 al 1993 e ha portato il trasferimento di tantissimi dalla città dei Bruzi alla vecchia Arintha. Questo ha creato un altro corto circuito nella politica con la sovrapposizione fra amministratori e operatori edilizi che, di fatto, hanno schiacciato i partiti.
Adesso restano diciotto mesi per provare a tirare le fila, per ricostruire un tessuto politico. Ma il rischio è che sia troppo tardi, le cose si complicheranno maledettamente se la fusione diventerà realtà.