La Dda si dimentica dell’interrogatorio e la Cassazione annulla la condanna

L’omessa fissazione dell’interrogatorio dopo il 415 bis è causa di nullità dell’iter processuale. Così la Corte di Cassazione, in relazione a una presunta tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso, avvenuta ai danni della proprietaria del locale dov’era ubicato un ristorante, nel comune di Paola, ha bocciato inquirenti e giudicanti del Distretto giudiziario di Catanzaro. Un fatto noto per il quale, con il rito abbreviato, si sono registrate tre condanne già passate in giudicato. La quarta invece è stata annullata dai giudici di legittimità a seguito del ricorso straordinario presentato dagli avvocati Vittoria Bossio ed Elvira Covello, legali dell’imputato. E. D. P., ritenuto dalla Dda di Catanzaro il presunto mandante della richiesta estorsiva.

L’ufficio direttivo antimafia di Catanzaro, all’epoca non aveva fissato l’interrogatorio dopo l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Circostanza che i difensori avevano sollevato ed evidenziato nei tre gradi di giudizio. L’imputato infatti era stato riconosciuto colpevole in primo e secondo grado alla pena di 2 anni e 2 mesi da scontare in detenzione domiciliare, essendo divenuta esecutiva la condanna nel febbraio scorso. Secondo l’accusa, l’imputato si sarebbe vantato di avere amicizie nel contesto della criminalità organizzata cosentina, al fine di non pagare l’affitto del locale visto l’esecuzione di alcuni lavori di manutenzione eseguiti dall’uomo sottoposto a giudizio.

La sesta sezione penale della Cassazione ha disposto ora l’annullamento della condanna, dichiarando cessata l’esecutività della sentenza, e rinviando tutti gli atti alla Dda di Catanzaro, pubblico ministero delegato, con l’obbligo di fissare l’interrogatorio dell’indagato.