Associazione mafiosa e narcotraffico, perché Fiore Bevilacqua rimane in carcere
La Cassazione conferma l'ordinanza del Riesame ed elenca tutti gli elementi investigativi contestati a "Mano Mozza", tra i principali imputati di "Reset"
Fiore Bevilacqua, alias “Mano Mozza”, è uno dei principali imputati dell’operazione “Reset“. La sua storia criminale parla chiaro. Già noto alle forze dell’ordine, per la Dda di Catanzaro fa parte a pieno titolo dell’associazione mafiosa degli “zingari” di Cosenza ed è partecipe nel traffico di droga. Il cosiddetto narcotraffico. Di recente, la sesta sezione penale della Cassazione ha depositato le motivazioni con le quali ha rigettato il ricorso della difesa, ritenendo corretta l’ordinanza di conferma della custodia in carcere emessa dal tribunale del Riesame di Catanzaro.
Per gli ermellini infatti non vi è stato alcun vizio di illogicità nella ricostruzione delle indagini svolte dalle forze dell’ordine in ordine alla posizione di Fiore Bevilacqua, di cui hanno parlato in larga parte i collaboratori di giustizia. Tra questi, i coniugi Celestino Abbruzzese e Anna Palmieri. Ma su “Mano Mozza” c’è stata anche un’ampia attività intercettiva che ha portato la Dda di Catanzaro a cristallizzare, dal suo punto di vista, le dinamiche associative con la famiglia Abbruzzese “Banana”. Si fa riferimento anche al momento in cui in Fiore Bevilacqua, e altri componenti del suo gruppo, nasceva il desiderio di formare un gruppo autonomo, cosa che aveva creato un po’ di fibrillazione all’interno degli “zingari“.
Nelle carte dell’inchiesta si parla anche dell’arresto del figlio Nicola, quando lo stesso Fiore Bevilacqua, dall’alto della sua esperienza criminale, aveva già capito tutto, ovvero che la Questura di Cosenza seguiva i movimenti degli “zingari” e di conseguenza degli italiani. Si tratta di una vicenda di cui ci siamo già occupati. Questo, insomma, il profilo di “Mano Mozza” che per ora rimane in carcere.
Cosa scrive la Cassazione su Fiore Bevilacqua
La sesta sezione penale, valutando il reclamo presentato dagli avvocati Antonio Ingrosso e Gianpiero Calabrese, ha evidenziato che «l’ordinanza impugnata, con argomentazioni immuni da manifesta illogicità, ha desunto la partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso, nei termini propri del giudizio cautelare, sulla base di una valutazione globale degli elementi indiziari, valorizzando, da un lato, le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, e, dall’altro, la partecipazione del ricorrente, in rapporto con membri apicali del sodalizio, alle attività preparatorie ed esecutive delle condotte estorsive, rientranti tra i reati fine dell’associazione, contestate ai capi 55 e 58».
Gli ermellini avevano richiamato anche gli elementi raccolti in fase d’indagine, quali la partecipazione di Fiore Bevilacqua ai contesti mafiosi cosentini, sin dall’epoca del gruppo Perna, passando per quello di Maurizio Rango, fino ad arrivare al sodalizio degli Abbruzzese “Banana”, specializzato nel narcotraffico. «Il percorso argomentativo dell’ordinanza impugnata appare coerente non solo con il canone di giudizio proprio della valutazione di gravità indiziaria, ma, soprattutto, con la consolidata interpretazione della nozione di “partecipazione” ad un’associazione di tipo mafioso quale condotta riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi».
Narcotraffico a Cosenza, il ruolo di “Mano Mozza”
Passando al traffico di droga, la Cassazione scrive che «con riferimento alla condotta di “partecipazione” ad una associazione finalizzata al narcotraffico, la giurisprudenza di questa Corte ha condivisibilmente ritenuto, estendendo un principio già affermato con riferimento al reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., che, trattandosi di un reato a forma libera, detta condotta può realizzarsi in forme diverse, purché si traduca in un apprezzabile contributo alla realizzazione degli scopi dell’organismo, posto che in tal modo si verifica la lesione degli interessi salvaguardati dalla norma incriminatrice».
Nel caso in esame, la partecipazione di Fiore Bevilacqua all’associazione dedita al narcotraffico, si desume «non solo dalle dichiarazioni relative all’attività di spaccio del ricorrente rese da Celestino Abbruzzese e Anna Palmieri, ma anche dai due reati fine e dalle conversazioni intercettate da cui emerge il ruolo attivo di Bevilacqua in seno al gruppo delinquenziale, avendo questi contatti diretti con i membri apicali del gruppo, e fornendo un apporto concreto sia nel recupero dello stupefacente che nell’aiuto dei sodali in caso di bisogno».
La Cassazione infine menziona anche il compendio captativo. «Sono state valorizzate le conversazioni captate nel corso dell’intercettazione telematica attiva sul telefono in uso a Luigi Abbruzzese in cui, in un caso, questo discorreva con il ricorrente e Antonio Abruzzese del recupero dei soldi dai pusher; in altro caso, invece, sulle modalità con cui fare arrivare la droga a Cosenza; in altre, infine, dell’approvvigionamento della sostanza anche di ingenti quantitativi. Ad arricchire ulteriormente il quadro indiziario a carico del ricorrente, l’ordinanza impugnata ha, infine, considerato le conversazioni intercettate in cui Antonio Abruzzese e il ricorrente, mentre si trovavano nel magazzino di quest’ultimo, discorrevano dei ricavi dalla vendita di droga e contavano del denaro (pari a 4300 euro)». Fiore Bevilacqua è tra gli imputati che ha scelto di farsi giudicare con il rito abbreviato.