Violenza sessuale all’autostazione di Cosenza, assolto un ventiquattrenne
Era accusato di aver stuprato una sua coetanea insieme a un complice mai identificato, per lui la Procura aveva chiesto otto anni di carcere
Era accusato di aver stuprato una ragazza insieme a un complice mai identificato, ma sono sospetti che da qualche ora il ventiquattrenne originario del Gambia, ma di stanza a Cosenza, si è lasciato alle spalle. Il giovane, infatti, è stato assolto oggi al termine di un processo che lo ha visto rischiare otto anni di carcere per violenza sessuale. A tanto ammontava, infatti, la richiesta di pena avanzata nei suoi confronti dalla Procura che lo riteneva colpevole di quella presunta aggressione a sfondo sessuale avvenuta a settembre del 2021 nei pressi dell’autostazione.
E’ lì, tra una pensilina e l’altra, che la ragazza cosentina sosteneva di aver incontrato di sera l’imputato suo coetaneo e l’altro uomo misterioso di questa storia. Con loro si era poi spostata pochi metri più in giù, all’interno di villa Giulia, per fare due tiri a una canna d’erba. Dopodiché, a suo dire, si era verificato il fattaccio: uno dei due extracomunitari l’aveva afferrata con lo scopo di immobilizzarla mentre l’altro abusava di lei. Una volta completata l’opera, entrambi sarebbero filati via di corsa lasciandola sul posto, spaurita e dolorante.
Sempre la ragazza, durante il processo, ha raccontato di essersi recata immediatamente in ospedale e poi dalle forze dell’ordine. E’ in quel frangente che avviene l’individuazione di uno dei presunti responsabili, il ventiquattrenne con precedenti per droga e piccoli furti, da lei riconosciuto dopo aver spulciato le foto di decine di pregiudicati. Per il ragazzo scatta così la denuncia a piede libero, seguita dal rinvio a giudizio e dal dibattimento in aula seguito poi dall’assoluzione. La formula utilizzata in sentenza è quella del «per non aver commesso il fatto» ai sensi del secondo comma, la vecchia insufficienza di prove.
Nell’udienza dedicata a raccogliere la testimonianza della parte offesa, infatti, sono state tantissime le contraddizioni emerse dal racconto della ragazza. La difesa dell’imputato, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Lanzino, le ha utilizzate per smontare pezzo dopo pezzo le tesi d’accusa, mettendo in evidenza anche una serie di attività d’indagine mancanti che, a suo avviso, rendevano ancora più incerta la responsabilità del ventiquattrenne. Alla fine i giudici gli hanno dato ragione, Di diverso avviso, invece, era il pm Maria Luigia D’Andrea secondo la quale le diverse versioni dei fatti offerte dalla ragazza altro non erano che una conseguenza del trauma da lei subito.