Città unica, Simonetti: «Mobilitazione per il no non è per le poltrone. Una legge senza contenuti»
L'esponente di Attiva Rende spiega perché domani il suo movimento risponderà al confronto sollecitato anche da alcune forze politiche con cui non c'è mai stata affinità: «E' solo un tavolo di confronto»
Esperienze politiche differenti tra loro, spesso agli antipodi, fianco a fianco domani pomeriggio contro la proposta di legge regionale. Perché?
«Lunedi rispondiamo all’invito al confronto sul tema della città unica organizzato da alcune associazioni politiche. È vero, su molte questioni non abbiamo, soprattutto con alcune delle associazioni che hanno aderito allo stesso invito al confronto, affinità o convergenze – in primis sulla tragica esperienza delle amministrazioni Manna. Così come è vero che con altre sempre dello stesso tavolo, ad esempio, abbiamo condiviso la recente mobilitazione contro la penetrazione mafiosa nelle istituzioni della città, che è culminata nella manifestazione dello scorso autunno e nella successive iniziative pubbliche. Non ci sottraiamo dunque al confronto e a portare la posizione articolata che già abbiamo espresso in sede di audizione regionale – e che il vostro giornale ha cortesemente ospitato – a partire certamente dalla ferma contrarietà a una legge sbagliata, autoritaria, che rischia di produrre un grande obbrobrio istituzionale tutto a discapito delle cittadine e dei cittadini delle tre città. Se da questo confronto sortirà una qualche indicazione di percorso da condividere e con quali soggetti, è tutto da vedere e eventualmente verificarsi».
Una lettura maliziosa della situazione, valida anche per Cosenza e Castrolibero, è che i no più netti alla città unica provengano da quelle aree che potrebbero risultare irrilevanti in un nuovo consiglio comunale. Avete pensato a questo?
«Temo che l’irrilevanza in una ipotetica città unica – così come la vuole disegnare il centro destra regionale – riguarderà molte parti e fasce di cittadini, ovviamente quelle che già soffrono di particolari fragilità e marginalità: i centri storici, i quartieri meno abbienti, l’area industriale, che perderanno fatalmente ulteriormente peso nelle decisioni e nelle politiche amministrative. Qualcuno conosce a quale idea o modello di decentramento dei servizi e di partecipazione si ispiri questa città unica? quali i livelli e i costi di sostenibilità economica, ambientale, sociale culturale si ritiene le comunità dovranno sopportare e arrendersi? Certamente rappresenta un gravissimo vulnus istituzionale aver bypassato le volontà dei consigli comunali – questi sì, ritenuti dal legislatore regionale, irrilevanti.
Ci sarà un referendum consultivo. Voi siete per effettuarne uno in ogni singolo comune?
«Direi il minimo sindacale: che almeno si conosca per ogni comunità il pensiero prevalente, magari a fronte di un disegno amministrativo denso dei contenuti che abbiamo detto».
Cosa farete se la maggioranza voterà sì alla fusione?
«Continueremo la nostra battaglia politica nel rispetto delle regole democratiche e del pensiero della nostra gente, non territorialmente intesa, ma che con noi condivide un ragionamento, un pensiero una visione che vada oltre il proprio orticello e abbia uno orizzonte di lungo periodo».
Quanto (non) incide lo scioglimento del comune in questa storia?
«È evidente che si tratta di una forte criticità e anche un’anomalia non banale: un processo così rilevante e straordinario per una comunità importante come quella rendese, guidato da una rappresentanza non elettiva – dunque non rappresentativa della cittadinanza – chiamata a gestire l’ordinarietà amministrativa, oltre a rimuovere le cause che hanno portato allo scioglimento degli organi elettivi. Penso sia un unicum nella storia repubblicana, un casus studi».
Per chiudere torniamo a lunedì. Si tratta solo di orgoglio rendese o c’è una prospettiva di alleanza elettorale per quando e per cosa si voterà?
«Ripeto: accettiamo un tavolo di confronto su una materia, punto».
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