«Le indagini di “Reset” su Abruzzese si fermano al 2018». Ecco perché
Mentre due magistrati indagavano anche su "Strusciatappine", sempre la Dda di Catanzaro arrestò il presunto esponente del clan degli "zingari" per il duplice omicidio Chiodo-Tucci
Nel terzo giorno dedicato alla requisitoria di “Reset“, il pubblico ministero antimafia Vito Valerio ha parlato di Antonio Abruzzese, classe 1970, alias “Strusciatappine“. Di lui si sa tanto a livello investigativo, visto che di recente è stato condannato in via definitiva all’ergastolo per il duplice omicidio di Benito Aldo Chiodo e Francesco Tucci, avvenuto nei primi anni del nuovo secondo in via Popilia a Cosenza.
Per la Dda di Catanzaro “Strusciatappine“, «è inquadrato nella confederazione, con particolare riferimento alla compagine degli “zingari“, come organizzatore e promotore, con la particolare caratterizzazione criminale di essere un soggetto che si muove anche con una discreta autonomia, con un proprio ristretto gruppo, non tecnicamente intendibile come gruppo, ma come soggetti a lui strettamente vicini che cooperano con lui nell’ambito della realizzazione delle attività tipiche del programma criminoso dell’associazione» ha aggiunto il pm Valerio. «Mi riferisco in particolare al fratello Rocco Abbruzzese e all’altro indagato Antonio Manzo».
«La sua specificità nell’ambito dell’associazione è quella di occuparsi oltre che delle dinamiche generali dell’associazione, interlocuzioni e interessi tra gli Italiani e gli “zingari”, anche quello specifico nell’ambito dei settori della droga e delle estorsioni. Il compendio probatorio su Antonio Abruzzese associato e affine» parte dalle dichiarazioni di un vecchio collaboratore, di Francesco Bevilacqua, meglio conosciuto come “Franchino ‘i Mafarda“, fino ad arrivare all’attuale Celestino Abbruzzese, passando da Luciano Impieri «tutti concordi nel ritenere il suo ruolo di organizzatore e promotore all’interno di questa confederazione, nello specifico modo all’interno della compagine degli zingari. Questo propalato dei collaboratori di giustizia è poi supportato dalle attività tecniche che sono state proprie del procedimento penale in oggetto, mi riferisco a tutte le attività di intercettazione, ai servizi di osservazione sul territorio» ha aggiunto la Dda di Catanzaro che contesta ad Abruzzese anche alcuni reati fine, come una tentata estorsione in concorso con altri imputati.
«E’ importante anche rilevare l’ambito temporale in cui interviene questa fattispecie di reato», ovvero la presunta tentata estorsione aggravata dall’agevolazione mafiosa. «Siamo al 2 agosto del 2018, nel segmento investigativo che ha riguardato appunto tutte le tentate estorsioni di Enzo Piattello e di Michele Di Puppo. Ad un certo punto, però, la voce e sostanzialmente le attività tecniche su Antonio Abruzzese si interrompono, non già perché il soggetto smetterà di compiere attività delittuose di questo tipo, ma perché il 16 novembre del 2018, verrà attinto da custodia cautelare, che lo vede ancora detenuto, adesso condannato». Si parla della strage di via Popilia.
«Questo elemento è importante perché ci fa capire da un lato la lunga militanza di Antonio Abruzzese nell’ambito della compagine degli zingari e quindi nella confederazione a far data, appunto, dai primi anni 2000, in cui si colloca strage di via Popilia, il duplice omicidio Chiodo-Tucci, fino ad arrivare ai giorni nostri. Ma se ciò non bastasse, ma ciò evidentemente già basta ed è già bastato nella fase cautelare con provvedimenti di rigetto tanto del Tribunale della Libertà, quanto della Corte di Cassazione, che ha dichiarato l’inammissibilità, più correttamente, del ricorso, subentrano anche dei nuovi elementi di prova rispetto all’avviso di conclusione delle indagini, che sono costituite dagli apporti dichiarativi tanto di Roberto Porcaro, quanto soprattutto di Ivan Barone, entrambi in maniera assolutamente credibile e attendibile e con margini di riscontro specifico, attualizzante ed individualizzante, individuano appunto all’attualità Antonio Abruzzese come organizzatore e promotore all’interno della compagine degli zingari».
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