martedì,Giugno 17 2025

Paolo Perri, un ricercatore cosentino alle prese con l’Europa del conflitto

Sinceri apprezzamenti per la sua opera "Nazioni in cerca di stato. Indipendentismi, autonomismi e conflitti sociali in Europa occidentale"

Paolo Perri, un ricercatore cosentino alle prese con l’Europa del conflitto

Nella minuziosa e compiuta ricerca storica dello studioso cosentino Paolo Perri (“Nazioni in cerca di stato. Indipendentismi, autonomismi e conflitti sociali in Europa occidentale”, per i tipi di Donzelli, Roma, 2023) c’è una freschissima intuizione che attraversa gli studi giuridici e politici. In un contesto che lamenta energicamente ma sguaiatamente il deficit di legittimazione democratica nel processo europeo di integrazione, l’unica pista percorribile per l’esercizio delle libertà politiche avrebbe dovuto consistere nel riconoscimento, e non nella repressione, del conflitto territoriale. Diciamola ancora più direttamente: nonostante l’attitudine negoziale e compromissoria dell’Unione Europea, la seconda metà del Novecento non è stata un mezzo secolo privo di sangue, e copioso invero.

Nel diritto italiano, che pure l’autore tocca marginalmente e sempre de relato alla robusta indagine storica e storiografica, il sangue è stato nelle stragi presso stazioni, convogli, banche, impianti e aeroporti con le quali istituzioni, poteri e criminalità hanno innalzato la tensione sociale e la richiesta di controllo a leve del consenso. Vastissima criminalizzazione dell’extraparlamentarismo soprattutto alla fine degli anni Settanta e sostituzione di un intero immaginario sociale alla metà del decennio successivo.

Perri si muove a suo agio sul crinale tra autonomia e indipendentismo proprio perché ne riconosce la diversa valenza costituente. Assicurata la pulizia metodologica, è la concatenazione certosina dei fatti a prendere voce. Non si può non partire dalla questione irlandese e dalla lotta per la liberazione delle contee poste sotto la Corona britannica e assediate da almeno un venticinquennio di sterilizzazione culturale e normalizzazione amministrativa. Quel conflitto, che ha avuto non occasionali risonanze anche nella vicina Scozia, è stato teatro di religioni e mentalità differenti: calvinismo, anglicanesimo e lealismo contro cattolicesimo, antideterminismo e insubordinazione.

Pagine ancora più vibranti toccano la realtà spagnola. In un primo senso, ovviamente, le rivendicazioni dei Paesi Baschi, proprio al confine tra Spagna e Francia, che hanno segnato viepiù un’epoca nella resistenza al regime franchista. Una radicale alterità linguistica, politica, sociale, intorno alla bandiera di Euskal Herria. Indiscutibilmente diversa dall’odierno conflitto catalano, che pure ha una base linguistica ed etnografica netta, ma una decisamente minore (per non dire minoritaria) connotazione marxista.

Perri snocciola dati, personaggi, eventi e dottrine e ancora una volta è la sua ricerca a potere dare indicazioni di merito a chi si occupa invece di costituzionalismo e diritto: l’immediato uso politico della questione giudiziaria. Nel vicino Portogallo dove un primo ministro si dimette per un errore processuale, la Spagna si accende sull’amnistia. Pensata per ridare agibilità politica agli indipendentisti catalani, in realtà dovrebbe e dovrà contenere disposizioni di libertà anche a beneficio dei militanti baschi: alcuni d’essi in carcere da decenni, talora in assenza di qualsivoglia fatto di sangue.

Il conflitto oggi non è più nelle carte e nelle mani di organizzazioni armate come lo furono l’IRA e l’ETA (mi sembra in tal senso anche la bella e meritata prefazione all’opera di Michel Huysseune, da tempo nel Gotha di questi studi): la loro disarticolazione militare e processuale c’entra fino a un certo punto. È la domanda delle autonomie che carsicamente ha oggi bisogno di parole nuove. E Paolo Perri ci rifornisce del primo capitolo di un dizionario corretto.