lunedì,Novembre 4 2024

L’intervento | Principe: «Ma quale Primo maggio può festeggiare uno Stato funestato da tante morti bianche»

Oggi, in un clima in cui dominano autoritarismo e liberismo, accontentiamoci di poter ancora cantare liberamente l’Inno dei Lavoratori. Forse, però, una lucina di speranza si è accesa: le manifestazioni studentesche nelle università

L’intervento | Principe: «Ma quale Primo maggio può festeggiare uno Stato funestato da tante morti bianche»

Primo Maggio 2024, Festa dei Lavoratori. Cosa c’è da festeggiare? Partiamo dalla Calabria:

1- la meglio gioventù mette il computer in valigia e parte per veder gratificate con un posto di lavoro adeguato le competenze acquisite in tanti anni di studi, master e frequentazione di vari corsi formativi. Tanti scelgono le regioni del nord, molti i paesi dell‘ Ue e la Gran Bretagna. Ma ragazzi calabresi, all’estero, li trovi ovunque, anche in Russia;

2- l’arrivo di Mattarella in Calabria in visita alle eccellenze dell’agroalimentare cosentino. Il Presidente nel suo intervento ha ammonito le Autorità e tutti i presenti sui pericoli, per l’Unità del Paese, rappresentati dalla legge che introduce la cosiddetta Autonomia Differenziata che, a dire del Capo dello Stato, nuoce alle regioni del Sud e non serve a quelle del Nord. Ed, invero, il provvedimento accentuerebbe il distacco già esistente, sotto il profilo civile, economico e sociale tra le aree ricche del Paese e quelle meno sviluppate, precipitando il Mezzogiorno a livelli di qualità della vita simili ai paesi che si affacciano sulla sponda Nord del Mediterraneo. In prima fila, ad applaudire il Presidente, al quale un attimo prima era seduto a fianco, il Governatore (così ama farsi chiamare) On. Occhiuto, che passa per essere il numero 2 di F.I., partito apertamente e convintamente sostenitore dello sciagurato disegno di legge Calderoli, che darebbe, per come si è detto, il colpo di grazia alle nostre Regioni del Sud Italia.

Ma in quale Paese viviamo? Evviva la terza (o quarta?) repubblica. Proseguiamo con l’Italia intera che, al settantaseiesimo anno di vita della Repubblica Democratica, fondata sui principi della Resistenza e sul lavoro, è governata da un Presidente del Consiglio e da una classe dirigente cresciuta e formata in un partito apertamente post – fascista. Uno Stato fondato sul lavoro dove si registra, scandalosamente, un numero altissimo di morti per incidenti sul luogo di lavoro, per mancanza di sicurezza e per un eccessivo ricorso al subappalto;

3- osserviamo le cose del mondo dove la globalizzazione, che avrebbe dovuto risolvere tutti i problemi, ci ha regalato la impari competizione tra operai occidentali, con i propri diritti tutelati e sorretti dal welfare/state inventato e realizzato dalla socialdemocrazia, e le maestranze dei paesi dell’ex terzo mondo, sottopagati e senza diritti sindacali. Tutto ciò ha prodotto disoccupazione in Occidente e lavoro schiavile a est ed in Estremo Oriente, con vergognose sacche anche da noi, soprattutto in agricoltura. A voler tacere di un pianeta minacciato dalla guerra, dove prosperano i mercanti d’armi di ogni tipo, che chiaramente tifano affinché le guerre in corso siano permanenti, con il rischio di una deflagrazione mondiale che distruggerebbe la vita del Pianeta. Siamo arrivati al punto che, nell’indifferenza popolare, si mette anche la mordacchia alla cultura.

Purtroppo, almeno, in Italia, non esiste, al momento, alcuna speranza di formazione di una sinistra di governo che possa rappresentare una alternativa all’attuale regnanza. Ed allora, per festeggiare il Primo Maggio meglio tuffarsi nei ricordi e nella storia, per ritrovare la passione civile. Ritornare con la mente, quindi, agli ultimi decenni dell’800 e ai primi del ‘900, quando Turati scriveva l’Inno del Partito dei Lavoratori (poi “Inno dei Lavoratori“) che, sotto la sua guida, insieme ad altre organizzazioni operaie, a Genova, contribuì alla fondazione del Partito Socialista. In quegli anni, Turati, Treves, la Kuliscioff ed altri prestigiosi dirigenti riformisti condussero vittoriose battaglie per il riconoscimento del diritto di sciopero, per la riduzione dell’orario di lavoro, per la tutela del lavoro giovanile e femminile, per l’assicurazione, per la previdenza e l’assistenza ai lavoratori. Fu insomma la nascita del welfare italiano. E perché non fare anche un salto agli anni ‘60/70 del Novecento, quando il primo centro- sinistra, quello vero di Moro e Nenni, si rese protagonista di grandi riforme di struttura come la nazionalizzazione dell’energia elettrica, la scuola dell’obbligo sino alla terza media, il servizio sanitario nazionale, compreso il vaccino Sabin per debellare la poliomelite, lo statuto dei lavoratori etc. e, nel campo dei diritti civili, l’istituzione del divorzio e dell’aborto. Oggi, in un clima in cui dominano autoritarismo e liberismo, accontentiamoci di poter ancora cantare liberamente l’Inno dei Lavoratori. Forse, però, una lucina di speranza si è accesa: le manifestazioni studentesche nelle università. Possono rappresentare la scintilla per rifondare la sinistra?

Sandro Principe – Federazione Riformisti Rende