martedì,Febbraio 18 2025

Traslochi, oltraggi e miraggi

Gli arrivi ambiziosi di Ursino e Delvecchio. Il riscatto a sorpresa di Tutino. Il silenzio del calciatore e parole stizzite del suo agente. Dietro l’ultima settimana del Cosenza, la sensazione che cambiare aria stavolta possa solo far bene a tutti. O quasi

Traslochi, oltraggi e miraggi

Sono incasinato, datemi qualche giorno di tempo. Sono sotto trasloco, ho risposto alla redazione all’inizio della scorsa settimana. È la verità. La roba che sto impacchettando in questi giorni fa parte del sedicesimo trasloco della mia vita. Il più delle volte è accaduto per necessità, familiari o lavorative. Stavolta lo faccio per scelta.

Cambiare casa, a volte anche città, è una miscela strana di sentimenti. Ricordo la malinconia con cui lasciai Perugia nel 2005, la rabbia che mi strappò a Roma nel 2008 e l’entusiasmo con cui approdai a Firenze cinque anni più tardi. Spesso, quando il trasferimento si associava a un miglioramento lavorativo, mi dicevo adesso sì che sto crescendo. Il tempo mi ha insegnato, con il buon vecchio De Gregori, che invece era soltanto una stazione.

La verità vera, tuttavia, è che ho preferito prendere tempo. Prima di tornare a scrivere volevo avere certezze. Su Gemmi e Viali, anzitutto. Ma anche su Tutino, ovviamente. Volevo capire se cambiavano casa anche loro, insomma – un trasloco ok, ma quattro insieme mi avrebbero destabilizzato assai.

Alla fine la società ha calato un poker piuttosto anomalo: cambiato ds e allenatore, nominato un dg, riscattato Tutino. Anomalo perché, col senno di poi, è apparso chiaro che i destini di Gemmi, Viali e Tutino erano legati tra loro. E invece, considerato il lungo “corteggiamento” tra Guarascio e Ursino, c’è da scommettere che la mossa del riscatto sia stata concordata con un certo anticipo col nuovo dg, prima di essere rifinita sul filo di lana. Fino a lasciare in una sorpresa da sepolcro imbiancato Giuffredi, il procuratore di Tutino, e in un inedito silenzio social lo stesso calciatore. Questo a parte due story su Instagram di celebrazione della notte di Pescara

A ripercorrere i tempi, tutto appare molto chiaro. Purtroppo, aggiungo io. Il 24 maggio, quando un bagno di folla acclama la consegna del sigillo della città a Tutino, Gennaro è sinceramente contento di restare a Cosenza. Poi, l’8 giugno, è lo stesso calciatore in un’intervista a dichiarare l’ambizione di voler giocare in serie A. Il giorno prima, anche se sarà ufficializzata una settimana più tardi, è circolata la notizia di Gemmi all’Empoli. E, a rimorchio, il nome di Viali entra a sorpresa nella rosa dei papabili tecnici azzurri. Pensa tu, a volte, le coincidenze…

Insomma, la mossa di Guarascio in conferenza stampa mi ha ricordato il finale di Gambe d’oro, quandotutti sono convinti che Totò venderà i due gioielli del Cerignola e, invece, il presidente prende tutti in contropiede con una decisione a sorpresa. Ho buone ragioni per dubitare tuttavia che non ci sia stato lo zampino un vecchio volpone (sia detto con affetto) come Ursino, artefice del miracolo Crotone, venuto ora a indossare, per la prima volta nell’era Guarascio, i panni di direttore generale. Accanto a lui Delvecchio, specializzato nella gestione dei settori giovanili (a Bari e Lecce), prima di approdare a Verona accanto a Sogliano ed essere protagonista di un mercato folle e decisivo, con gli scaligeri, nel gennaio scorso. In attesa di conoscere il nome dell’allenatore affamato, sonotutti segnali ambiziosi. Speriamo che siano preludio di fatti altrettanto positivi.

E qui, per quanto mi riguarda, arriviamo al capitolo più doloroso. Ci siamo emozionati in tanti per quell’immagine di Tutino che sventolava sotto la curva il bandierone di Gigi, dopo l’ultima di campionato. E dunque sarebbe facile opporre la sua voglia di fuga a quell’amore che, invece, tenne Marulla fino a Padova avvinghiato ai colori rossoblù.

Preferisco, tuttavia, ricordare quel che accadde con Cristiano Lucarelli nel 1996. Quando il Cosenza era economicamente muro e muro con l’ospedale e Gianni Di Marzio chiese a quel ragazzo di firmare per noi, perché con i proventi della sua cessione ci saremmo potuti iscrivere al campionato successivo. Lucarelli, che avrebbe potuto tranquillamente gestire il suo passaggio al Parma da calciatore del Perugia, scelse noi. E lo fece per gratitudine. Perché, prima di venire a Cosenza, non era nessuno.

Gennaro Tutino arrivò qui nel 2017 con due reti segnate in serie C in tre campionati. Nelle giovanili del Napoli se ne diceva un gran bene, ma, tra infortuni e la fama di testa calda, l’approdo in riva al Crati sapeva davvero di ultima spiaggia. Ed è stato così anche un anno fa, dopo due stagioni molto al di sotto delle aspettative tra Parma e Palermo. Lui era bisognoso di rilancio. Noi, dopo stagioni difficili, del ritorno di un ragazzo a cui avevamo voluto bene. Le condizioni, insomma, erano paritarie. E quelle del riscatto note a tutte le parti da un anno. 

Tutino e Giuffrida sanno benissimo che, se fosse restato a Parma, i 20 gol Gennaro li avrebbe segnati forse alla Playstation. Non solo legittimo, dunque, ma doveroso riscattarne le prestazioni e (se Tutino proprio non vuole restare) fare la maggiore plusvalenza possibile. Se poi la mossa di venerdì ha fatto saltare il banco di un accordo per portare Tutino da Parma a Empoli in un trionfo di commissioni, allora Guarascio per me smette di essere il cattivo dei Puffi per trasformarsi definitivamente nel Gondorff de La stangata.

Cambiare casa non è uno sbaglio, se sai esattamente dove vuoi andare a parare. Guarascio stavolta ha la sensazione di saperlo (o di essersi affidato finalmente a chi lo sa) e, tra le righe, le parole di Ursino lasciano capire chiaramente dove. Bene, dunque, aver stravolto per l’ennesima volta il binomio ds/allenatore, aggiungendo un dg di rango.

Tutino, mi spiace dirlo, non lo sa. Confonde il desiderio (giocare in serie A) con l’ambizione. Appare intimamente convinto che una grande piazza renda transitivamente grande anche chi ci gioca. Senza capire, invece, che rendere grandi e reali i desideri di una piazza (specie quand’è piccola) è quel che rende grandi davvero. Montolivo andò via da Firenze per vincere qualcosa: qualcuno a Milano (e a Firenze) si ricorda ancora di lui? O, forse, di qua e di là, preferiscono Baresi e Antognoni?

Per tante volte in cui abbiamo criticato la scelta della società di cambiare tutto perché equivaleva ad assenza di programmazione, questa volta la curiosità (personalmente) è molto alta. Cambiare casa può far bene. Speriamo che Ursino e Delvecchio riescano a farla abitarla (e continuare ad abitare) alle persone giuste.

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