martedì,Marzo 18 2025

Silenzio buono, silenzio cattivo

Mosse di mercato a fari spenti. Decisioni (molto discutibili) assunte senza fornire spiegazioni. Mentre non decolla l’operazione Tutino, le strategie della società espongono il Cosenza a qualche rischio. A partire dall’impazienza

Silenzio buono, silenzio cattivo

Il silenzio è un’arma formidabile e io la conosco bene. Mio padre, classe 1935, dunque uomo davvero di un’altra epoca, spesso la usava come punizione. Quando combinavo qualche guaio (da piccolo) o (da adolescente) avevamo uno scazzo, per diversi giorni non mi rivolgeva più la parola. Era quel genere di situazioni in cui avrei preferito che mi venisse mozzato un dito.

A pensarci bene, il fine unico di quel silenzio non era l’educazione, ma l’esercizio dell’autorità. Era mio padre a decidere se e quando interromperlo. E a me toccava esserne felice, facendo retroattivamente mea culpa per quel ch’era accaduto. Tutti meccanismi da cui sono sfuggito, da adulto, e che ho cercato di non replicare da genitore.

Il silenzio è stato, da sempre, uno dei tratti distintivi della gestione Guarascio. Quelle rare volte in cui il presidente ha cercato di esercitare il potere attraverso la parola, spesso ne sono uscite espressioni come “squadra in linea con la pandemia”, “i soldi chi me li da?” o gaffe simili. Almeno fino al giorno della presentazione di Ursino e Delvecchio, quando ha annunciato il riscatto di Tutino e, per la prima volta in oltre un decennio, è sembrato che stesse cambiando qualcosa.

E invece eccoci agli addii a Kevin Marulla e Luigi Pincente, alla pietra tombale sulla bella esperienza del calcio femminile. Tutti consumati senza annunci ufficiali, né spiegazioni. Se gli ex team manager e preparatore atletico avrebbero meritato ben altro trattamento, la mancata iscrizione della formazione allenata da Luisa Orlando in Serie C odora di miopia, visto il fermento che negli ultimi anni è cresciuto attorno al movimento in tutta Italia: quasi tremila spettatori per la Nazionale a Bolzano ieri contro la Finlandia, quattromila al Marulla tre mesi fa nella sfida con l’Olanda.

Così, però, la dirigenza potrà concentrarsi sul campionato di serie B, obietterà qualcuno. Ma anche qui, sul mercato, domina il silenzio. Di un altro genere, fortunatamente. Soprattutto nelle prime settimane, il duo Ursino-Delvecchio ha operato a fari spenti. Gli arrivi di Kouan, Rizzo Pinna (molto interessante), Ciervo (bel colpo), Begheldo e Dalle Mura (due diverse scommesse) e Caporale (mah) sono avvenuti con pochissimo preavviso. Non è ancora chiaro il destino di Gennaro Tutino, visto che le trattative imbastite con Sampdoria e Venezia sembrano non aver soddisfatto (finora) le richieste del Cosenza. Ma il mercato è ancora lungo e basta poco (l’inserimento di una big come il Sassuolo) per mandare all’aria trattative che parevano ai dettagli (Caligara).

Farei fatica, ad oggi, a schierare una probabile formazione. Con un 3-4-2-1, potremmo vedere Micai in porta, Camporese con Venturi e Dalle Mura nel trio difensivo, Kouan e Rizzo Pinna in mediana, Martino (o Cimino) e D’Orazio sulle fasce, Marras e Ciervo alle spalle di un’unica punta. Un undici modesto, nel quale peraltro parecchie cose non tornano. Le caratteristiche di Ciervo, ad esempio, sono quelle di un’ala sinistra più che di un trequartista. E, se il trio difensivo pare in grado di eseguire quella marcatura a uomo “nella zona” predicata dal nuovo allenatore, sembra invece assecondare poco un altro dei suoi mantra: la ricerca della costruzione dal basso.

Sia a Cremona che a Spezia, per stare alle sue esperienze più recenti, Alvini ha predicato meccanismi di uscita palla molto chiari sulla carta. I due mediani a supporto del trio difensivo, quello offensivo a occupare la parte centrale e gli esterni di centrocampo a offrire ampiezza e cross più che inserimenti. Uscita palla per vie centrali, dunque, con i laterali a supporto dalla trequarti in poi.

L’altro comandamento è la ricerca dell’uno contro uno, cosa che presuppone un tasso tecnico molto elevato nel reparto offensivo e di grande fisicità, invece, in fase di non possesso, attraverso una pressione molto alta.

Si capisce bene, in un progetto come questo, la centralità di un calciatore come Caligara (più duttile, fisico e dinamico) rispetto a un Calò (tecnicamente più solido). Ma vanno compresi, da subito, anche i rischi del (e la necessità di grande pazienza col) credo di Alvini.

Basta dare un’occhiata al cambio in panchina, due anni fa, a Cremona. L’arrivo di Ballardini portò i grigiorossi a una media punti di 1.00 a partita (con Alvini era a 0.39). Alvini aveva costruito una squadra a tratti dominante contro avversarie teoricamente superiori, ma a che prezzo?, sintetizzò bene Ultimo uomo in un suo articolo.

È chiaro che la serie B non è la serie A. E mi sembra altrettanto palese l’intenzione del tecnico, dopo due passi falsi in panchina, di ripartire con un organico più verde, in modo da poter plasmare più facilmente i calciatori alle sue intenzioni. Come accaduto con Albinoleffe, Reggiana e Perugia.

Dicevo della pazienza. Temo ce ne vorrà parecchia. Sia perché l’operazione Tutino deve ancora decollare, in un senso o nell’altro, per evitare che diventi una zavorra (un calciatore che resta malvolentieri) o un cattivo affare (una cessione a cifre non adeguate). E questo condizionerà inevitabilmente il mercato in entrata. Ne servirà tanta anche coi giovani – e l’abbiamo visto, ad esempio, lo scorso anno con Zuccon: ottimo inizio, calo delle prestazioni, buon finale.

E allora è chiaro che c’è un silenzio buono e uno cattivo. Bene lavorare a fari spenti, per evitare di far scoprire le prime tessere di quel domino ch’è il calciomercato agli avversari. È un silenzio operativo, autorevole, che evita anche quel male assoluto ch’è dare in pasto alla stampa per settimane titoli a base di “Il Cosenza sogna” e “ore decisive per”.

Male, malissimo quello che prova ad esercitare autorità, senza dare spiegazioni. A nessun comandante di nave è mai bastato ruotare il timone per convincere un intero equipaggio che la nuova rotta fosse quella giusta. E, a volte, finisce anzi per renderlo impaziente e irrequieto.

Articoli correlati