lunedì,Settembre 9 2024

Licenziamento a Malito, la Corte di Cassazione conferma il reintegro della lavoratrice sociale

Per gli ermellini la decisione assunta dalla cooperatrice sociale "Il Delfino" è stata illegittima

Licenziamento a Malito, la Corte di Cassazione conferma il reintegro della lavoratrice sociale

La Corte di Cassazione ha recentemente confermato una sentenza di reintegrazione riguardante un caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. La vicenda ha coinvolto A. I., un’operatrice sociosanitaria che lavorava presso una residenza psichiatrica gestita dalla cooperativa “Il Delfino” nel comune di Malito. Dopo il licenziamento avvenuto nel 2017, la lavoratrice ha avviato una battaglia legale per ottenere il riconoscimento dell’illegittimità del provvedimento.

La causa del licenziamento

Il licenziamento è stato motivato dalla cooperativa con la necessità di ridurre il personale a causa di una riduzione del budget disponibile. Secondo quanto dichiarato dalla cooperativa, una «rimodulazione della retta» e la «rideterminazione del budget» avrebbero reso inevitabile una riduzione dei pazienti da dieci a otto, con conseguente necessità di tagliare i costi del personale.

Durante il tentativo di conciliazione, la cooperativa aveva proposto una riduzione dell’orario di lavoro a 18 ore settimanali come alternativa al licenziamento, ma la lavoratrice ha rifiutato l’offerta, preferendo affrontare il licenziamento stesso.

La difesa della Lavoratrice

Anna Iannaccaro ha impugnato il licenziamento davanti al Tribunale di Cosenza, sostenendo l’insussistenza delle ragioni addotte dalla cooperativa. La lavoratrice ha prodotto documentazione che dimostrava come, anche dopo il suo licenziamento, il numero di pazienti presso la struttura fosse rimasto invariato, smentendo così la necessità di una riduzione del personale.

Il Tribunale ha accolto la domanda della lavoratrice, dichiarando l’illegittimità del licenziamento e ordinando la sua reintegrazione. La cooperativa ha presentato appello contro questa decisione, ma la Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo che la riduzione del personale fosse ingiustificata.

La decisione della Corte di Cassazione

Il caso è giunto infine davanti alla Corte di Cassazione, che ha rigettato il ricorso della cooperativa “Il Delfino”. La Corte ha ritenuto inammissibili i motivi del ricorso, confermando che la cooperativa non ha fornito prove sufficienti per giustificare il licenziamento.

La Corte ha sottolineato che, nonostante la cooperativa avesse sostenuto una riduzione del budget, le prove fornite dalla lavoratrice dimostravano che il numero di pazienti era rimasto invariato anche nei mesi successivi al licenziamento. Inoltre, i documenti prodotti dalla cooperativa non erano sufficienti a dimostrare una reale contrazione dei ricavi.

La Corte ha affermato che «le ragioni indicate nella missiva di licenziamento si rivelano insussistenti» e che la necessità di ridurre i costi del personale non era supportata dai fatti. L’asserita contrazione dei ricavi è risultata non comprovata, e il numero di dipendenti impiegati dalla cooperativa nei successivi anni è addirittura aumentato, dimostrando l’infondatezza delle ragioni del licenziamento.

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