venerdì,Ottobre 4 2024

«Per un colpo in gioielleria sequestrammo un prete». I racconti del pentito di ‘ndrangheta

Un ex killer rievoca il sistema per mettere a segno le rapine. Le moto rubate, l’oro mandato a Marcianise tramite un gioielliere, i soldi usati per pagare avvocati, droga e armi. O soltanto per «fare la bella vita»

«Per un colpo in gioielleria sequestrammo un prete». I racconti del pentito di ‘ndrangheta

«… Abbiamo sequestrato pure un parroco che c’era là dentro, che voleva uscire a tutti i costi…». Una rapina concitata quella avvenuta a Mileto nel 2011. Questo racconta, nell’aula bunker di Lamezia Terme, il collaboratore di giustizia Raffaele Moscato nel corso del processo Maestrale, istruito dalla Dda di Catanzaro contro le cosche del vibonese. 

Nei racconti dell’ex killer, le cosche sono, in particolare, quella dei Piscopisani, della quale faceva parte lo stesso Moscato, e quelle di Mileto cui apparteneva Silvano Mazzeo che per il colpo aveva procurato «una moto tipo enduro e uno scooterone rubati». Gli esecutori materiali sarebbero stati David Angelo, dei Piscopisani, e Moscato, i quali scelsero lo scooterone e si diressero alla gioielleria che distava circa un chilometro dal garage nel quale Mazzeo aveva nascosto le moto. 

La fuga

Nel negozio, dice Moscato, c’era un parroco che viene preso sotto sequestro e «c’era la signora e ci siamo fatti aprire questa cassaforte e ci siamo fatti consegnare tutto l’oro che c’era». I giornali scrissero di un colpo da 250mila euro ma Moscato assicura che non arrivarono a 40mila euro
Abbandonati parroco e gioielleria, prosegue il teste, «alla fuga abbiamo lasciato la moto più o meno un po’ più lontano di dove c’era il garage appoggiata in un pezzo di muro, una staccionata, comunque non gli abbiamo dato fuoco e da lì nel recupero c’era Rosario Battaglia».

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