Baker Hughes, Usb: «Che strane alleanze tra destra, sinistra, sindacati e Confindustria»
I sindacalisti di base: «Noi, al contrario di molti altri, non ci genuflettiamo di fronte a nessuno. Chi pensa che, purché si crei lavoro, ogni investimento debba avvenire in deroga a qualsivoglia legge e idea di sviluppo, ha la memoria corta»
«Nelle ultime settimane, il dibattito politico nella nostra regione si è concentrato sulla rinuncia della multinazionale Baker Hughes al previsto investimento di circa 60 milioni di euro nell’area del porto di Corigliano. La multinazionale sembra aver gettato definitivamente la spugna a causa delle lungaggini burocratiche e di una presunta avversione da parte del sindaco Flavio Stasi». Lo scrivono in una nota i sindacalisti dell’Usb Cosenza che hanno prodotto un documento critico verso la multinazionale e le parti in causa che spingono per l’investimento sullo Ionio.
«Questa vicenda sta delineando, o meglio disvelando, singolari alleanze – dicono – sindacati confederali, Confindustria, Autorità portuale, partiti di centrodestra e centrosinistra, e ovviamente la giunta Occhiuto si sono uniti con l’intento di garantire l’investimento senza alcuna condizione. Per tutti loro, il sindaco avrebbe dovuto piegarsi ai desiderata della multinazionale, ignorando il piano urbanistico comunale e falsando l’iter autorizzativo pur di permettere l’insediamento industriale. Questo modus operandi riflette una visione della Calabria che ci relega a essere la regione più povera d’Europa. In sintesi, per lor signori, la multinazionale può fare ciò che vuole, utilizzando il territorio come meglio crede, mentre tutti gli attori politici e sociali rimangono muti e con il cappello in mano. Non si considera alcun ragionamento a lungo termine sull’impatto ambientale e sulle conseguenze dell’investimento sull’area portuale.
«Siamo sinceramente allibiti da ciò che stiamo ascoltando e leggendo nelle ultime ore – afferma con vigore Usb Cosenza -. Il dibattito e il fuoco incrociato contro Stasi, tra l’altro favorevole al progetto ma a determinate condizioni, sono indice del calibro della politica locale. Evidentemente, i disastri, le nefandezze e la depredazione generati dalla legge 488 del 1992, con la scusa di “favorire le attività industriali nelle aree depresse,” non hanno insegnato nulla. Abbiamo già dimenticato la Pertusola a Crotone e la Marlane a Praia? Intere comunità hanno pagato, e continuano a pagare a caro prezzo, le conseguenze di investimenti industriali che hanno prodotto solo morte, malattie e disperazione. Quando le istituzioni non regolano e non programmano le politiche coinvolgendo la cittadinanza, e appaltano la gestione del territorio ai privati, le conseguenze non possono che essere negative».
«Forse chi, in queste ore, sta implorando Baker Hughes di non abbandonare lo Jonio cosentino ha in mente questa idea di Calabria: periferica e alla mercé di chiunque prometta lavoro. Noi crediamo che gli investimenti industriali siano necessari per combattere la disoccupazione, la povertà e, quindi, l’emigrazione, ma non a ogni costo e soprattutto in un più ampio contesto in cui sia la politica a guidare un processo di sviluppo e a stabilire le priorità. Agli investitori privati – prosegue nella nota Usb Cosenza- va imposto di offrire garanzie, rispettare i territori e le regole, e riconoscere chi li rappresenta. Non sono salvatori della patria, non hanno come missione il miglioramento delle condizioni dei calabresi: sono società che legittimamente decidono di investire per fare profitto, nessuna beneficenza, come alcuni vorrebbero far credere».
«Noi, al contrario di molti altri, non ci genuflettiamo di fronte a nessuno. Chi pensa che, purché si crei lavoro, ogni investimento debba avvenire in deroga a qualsivoglia legge e idea di sviluppo, ha la memoria corta e non vuole il bene dei calabresi. Chi, in queste ore, fa l’alfiere degli interessi di Baker Hughes si faccia un esame di coscienza sul proprio operato e sul contributo che offre a questa terra, e si impegni per investimenti su salute, messa in sicurezza del territorio e produzioni industriali innovative, al passo con le sfide di questo tempo. Il porto di Corigliano – concludono i sindacalisti di base – deve acquisire maggiore centralità, sfruttando le enormi possibilità che la Sibaritide e il Mediterraneo offrono e che chi dirige l’Autorità portuale, attualmente, è totalmente incapace di cogliere. Auspichiamo che il dibattito pubblico vada oltre il tifo per Baker Hughes».