Massimo D’Ambrosio assolto anche in appello: infondate le minacce mafiose
La vicenda trae origine dalla denuncia presentata da Vittorio Toscano, assessore del Comune di Rende, il quale aveva subito un atto intimidatorio qualche mese prima, con l’incendio della sua automobile, ma gli autori sono rimasti ignoti
La Corte d’Appello di Catanzaro, prima sezione penale, ha confermato l’assoluzione di Massimo D’Ambrosio dalle accuse di violenza o minaccia al pubblico ufficiale e minaccia aggravata dal metodo mafioso. La sentenza conferma l’esito del processo di primo grado, terminato con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Minacce mafiose a Rende, la vicenda di Massimo D’Ambrosio
La vicenda trae origine dalla denuncia presentata da Vittorio Toscano, assessore del Comune di Rende, il quale aveva accusato D’Ambrosio di averlo minacciato nel suo ufficio. Toscano aveva anche subito un atto intimidatorio qualche mese prima, con l’incendio della sua automobile, ma gli autori sono rimasti ignoti.
Durante il processo, la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro aveva impugnato la sentenza assolutoria del Tribunale Collegiale di Cosenza, chiedendo una condanna a 4 anni di reclusione. Tuttavia, la Corte d’Appello ha respinto tali richieste, ritenendo valide le argomentazioni della difesa.
La sentenza di primo grado aveva escluso l’aggravante del metodo mafioso, stabilendo che non vi fossero elementi concreti a sostegno dell’accusa. Inoltre, il capo d’accusa relativo alla violenza o minaccia è stato giudicato insussistente, mentre per il reato di minaccia aggravata si è proceduto al proscioglimento per mancanza di querela, ai sensi dell’articolo 529 del codice di procedura penale, come previsto dalla Legge Cartabia.
Gli avvocati difensori, Amelia Ferrari e Valerio Murgano, hanno sottolineato come le accuse fossero prive di riscontri oggettivi e hanno espresso soddisfazione per la sentenza di secondo grado.
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