Città unica, quel salto mancato verso la nascita di Cosenza “la dotta”
Facciamo prevalere il buon senso: non abbandoniamo l’idea della fusione con Rende e Castrolibero e non apriamo a minestre riscaldate che non servono a nulla
di Luigi Martirano*
La sera di domenica 1 dicembre 2024 alla lettura dei primi dati dell’esito del referendum sulla città unica ho avuto la sensazione netta dentro di me di una ennesima occasione sprecata per la città di Cosenza e i Cosentini. Quando parlo di Cosentini parlo dei Cosentini di Cosenza, dei Cosentini di Rende e dei Cosentini di Castrolibero perché per me la città è già una sola, al di là dei confini amministrativi. Immediatamente però ho capito che quella che sembrava una copertura politica piena al progetto, da sinistra a destra, in effetti non sarebbe bastato. Troppa scollatura tra i cittadini e la politica.
E immediatamente mi sono detto: perché non è stato spiegato ai cosentini l’importanza e la strategicità di creare un comune unico? Perché non è stato detto chiaramente che una città da 150 mila abitanti, secondo solo a Reggio in Calabria e tra le prime in tutto il meridione, avrebbe finalmente consolidato e affermato il ruolo e soprattutto il peso che avrebbe potuto sbandierare e sostenere a livello nazionale e internazionale. Cosenza non è la cittadina di 60 mila abitanti che appare da wikipedia ai più che non la conoscono, contornata da un “paesone” Rende, famoso per la sua Università e per essere accostata a Cosenza e divisa solo dal Campagnano.
Wikipedia non spiega che in realtà Cosenza è già una città da 150mila abitanti. E badate bene il salto è enorme, determinante per le sfide del futuro. Per i tavoli che contano. Peccato. Dopo l’alta velocità anche la città unica. Qui non si tratta di cucinare minestre riscaldate fatte da unioni di comuni, patti tra sindaci, e bla bla bla di gattopardiana memoria, si trattava di fare un salto. Un grande salto.
Ovviamente come in ogni transizione si perde qualcosa ma se ne guadagna un’altra che deve essere migliore. Ho sentito parlare di Tari, di Ospedale, ecc. Occorreva spiegare che si guadagnava una identità e una forza straordinaria per affrontare le sfide incredibili che ci aspettano con un peso che avrebbe aperto tutti i tavoli, a partire dai trasporti e dalla mobilità, ai finanziamenti per i grandi progetti, a una visione di città unica e unita con un piano unico di sviluppo ed espansione. Immagino in primis un collegamento finalmente concreto e fisico tra l’accademia del passato quella Parrasiana (unica e incredibile) e l’accademia di oggi quella di Arcavacata (eccellenza internazionale) per un grande futuro prosecuzione di una grande storia.
Cosenza la dotta. Questo poteva essere il motto perché questo è. Cosenza è famosa in tutto il mondo per la sua vivacità culturale che da sempre l’ha contraddistinta. I Cosentini sparsi per l’Italia e per il Mondo (sarebbe interessante contarli) sono la testimonianza di questa vivacità e sono un patrimonio umano unico a livello nazionale e internazionale con un legame fortissimo, vivo e continuo con la città. Con la cultura non si mangia potrebbe replicare qualche ignorantone. Falso. Il brand della cultura potrebbe marcare la città e creare un’identità per Cosenza.
Cosenza la dotta. Potrebbe avere un appeal enorme anche in termini turistici. Occorre saperlo costruire e poi ‘venderlo’. Cosenza ha una storia di fatti e persone unica nell’Italia meridionale. Simile a un comune toscano. Costruiamo un grande progetto su una grande Cosenza. Diventeremmo città faro al pari delle grandi del sud, Bari, Palermo e poi Cosenza, sul modello di Federico II. Tutto questo non è stato detto da nessuno. Mentre legittimamente chi crede nel mantenimento dello status quo con divisioni e “progettini” ha convinto chi in cuor suo non se la sentiva di tradire i nomi di Rende e Castrolibero. Anche questo sentimento pienamente condivisibile e apprezzabile.
Ma in tutte le scelte importanti occorre mettere sui piatti della bilancia i pro e i contro. Il campanilismo o il futuro? E certamente la ricchezza straordinaria delle comunità di Castrolibero e di Rende, sarebbero state salvaguardate mantenendo vivi i nomi e le tradizioni. Ma oggi è il momento del coraggio. Guardiamoci intorno in Italia e nel Mondo. Tutto evolve in modo incredibile.
Solo se ci uniamo forti e convinti possiamo giocare la nostra partita e possiamo anche vincerla perché Cosenza ha le carte in mano. Ma deve giocarla la partita e non deve avere paura. Lo dobbiamo ai giovani. E’ mancata la comunicazione, è mancato anche il progetto almeno preliminare con una relazione illustrativa del perché la città unica sarebbe stata un’occasione straordinaria con uno studio di fattibilità tecnico economica che analizzasse i flussi di cassa nella sua pienezza non limitandosi a Tari e altro. Facciamo prevalere il buon senso, ora, non abbandoniamo l’idea di una Cosenza grande e unita come unica realtà, e non apriamo a minestre riscaldate che non servono a nulla.
Occorre pensarci sin da subito e occorre una grande squadra composta da eccellenze che abbiano una visione, squadra che possa redigere un progetto semplice chiaro e mirato. Non c’è spazio per i mediocri e i pessimisti. E’ troppo importante.
*professore ordinario di sistemi elettrici per l’energia
all’Università Sapienza di Roma.