martedì,Febbraio 18 2025

Maltrattamenti in famiglia, sentenza ribaltata: imputato assolto in appello

Il giudice di primo grado, secondo la Corte, non ha adeguatamente valutato le prove offerte dalla difesa, ignorando elementi chiari come le testimonianze, la documentazione di lavoro e l’inattendibilità delle dichiarazioni della querelante

Maltrattamenti in famiglia, sentenza ribaltata: imputato assolto in appello

Francesco Rizzuti, precedentemente condannato in primo grado a due anni e mezzo di reclusione per maltrattamenti in famiglia, è stato assolto in Appello con formula piena “perché il fatto non sussiste”. La sentenza ribalta completamente il verdetto di primo grado, evidenziando incongruenze, contraddizioni e mancanza di riscontri oggettivi nelle dichiarazioni della parte civile.

I fatti contestati

Gli episodi oggetto del processo, riferiti ai giorni 8 marzo, 14 marzo e 19 marzo 2018, sono stati giudicati privi di prove concrete e ritenuti inverosimili, tanto che lo stesso Procuratore Generale, Giuseppe Cava, ha chiesto in Appello «la riassunzione della testimonianza della persona offesa» per chiarire le contraddizioni emerse durante il dibattimento.

8 marzo 2018: la presunta aggressione

Secondo la denuncia, il 8 marzo 2018 Francesco Rizzuti avrebbe aggredito l’ex moglie con uno schiaffo durante una discussione alle 7 del mattino. Tuttavia, nel corso del processo, la stessa donna avrebbe fornito una versione diversa e confusionaria, raccontando di un litigio avvenuto poco dopo, concluso con il marito che sarebbe uscito per andare al lavoro. Successivamente, la donna avrebbe caricato i suoi effetti personali nell’auto del marito e sarebbe rimasta chiusa in casa tutto il giorno.

Un altro dettaglio giudicato poco credibile riguarda l’accesso di Rizzuti all’abitazione tramite un salto “disumano” da un balcone alto oltre 2,5 metri, come riferito dalla denunciante. Anche su questo punto, le testimonianze raccolte, in particolare quella del fratello di Rizzuti e della sua agenda di lavoro, avrebbero smentito la presenza dell’uomo in casa in quella giornata: l’imputato si trovava infatti al lavoro dalle 7 del mattino fino a tarda sera.

14 marzo 2018: la presunta minaccia

La denuncia sostiene che il 14 marzo Rizzuti avrebbe minacciato l’ex moglie tramite il figlio di appena 5 anni, dicendogli di riferire frasi minacciose alla madre. Durante il dibattimento, però, sono emerse ulteriori incongruenze: nella versione iniziale, Rizzuti era in compagnia del fratello; successivamente, la donna ha sostenuto che fosse da solo.

Nonostante le accuse, le prove acquisite dipingono una realtà ben diversa: per la difesa il forte legame tra padre e figlio, confermato anche da foto e testimonianze, stride con l’immagine di un uomo freddo e distante. Durante il processo è emerso, inoltre, che proprio nei giorni delle udienze il figlio si trovava in vacanza al mare con il padre, dimostrando un rapporto affettuoso e sereno.

19 marzo 2018: il presunto distacco dei contatori

L’ultimo episodio riguardava l’accusa secondo cui Rizzuti, insieme al fratello, avrebbe chiuso i contatori dell’acqua e del gas mentre la donna non era in casa. Tuttavia, la deposizione della denunciante è apparsa priva di fondamento, poiché la parte offesa non avrebbe potuto constatare personalmente l’accaduto. Ulteriori verifiche hanno dimostrato che non vi è stata alcuna manomissione dei servizi e che l’acqua era regolarmente disponibile.

La sentenza di secondo grado

La Corte d’Appello ha sottolineato come le dichiarazioni della parte civile risultino contraddittorie e prive di riscontri oggettivi. Nessun testimone ha mai confermato le accuse, e non è stata presentata alcuna certificazione medica a supporto delle presunte aggressioni fisiche.

Il giudice di primo grado, secondo la Corte, non ha adeguatamente valutato le prove offerte dalla difesa, ignorando elementi chiari come le testimonianze, la documentazione di lavoro e l’inattendibilità delle dichiarazioni della querelante.

La decisione finale di assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste” pone fine a una vicenda giudiziaria segnata da incongruenze e costruzioni poco credibili. L’imputato è difeso dagli avvocati Angelo Nicotera e Marco Oliverio.

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