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Il rapporto tempestoso tra Oliviero Toscani e la Calabria. Quando litigò con gli studenti all’Unical

A 82 anni scompare uno dei creativi più eretici e divisivi italiani. In Calabria fece discutere la sua campagna “Malavitosi? Sì, siamo calabresi” che fu un flop

Il rapporto tempestoso tra Oliviero Toscani e la Calabria. Quando litigò con gli studenti all’Unical

La morte sana ogni cosa, è vero. Tuttavia, chi in vita ha fatto bandiera della sua idiosincrasia per il bon-ton non può che essere ricordato con il mantello cangiante dell’eresia, ricamato di rose e spine.

È la primavera del 2007, il fotografo e creativo arriva a passo di panzer per riscrivere l’immagine di una Calabria che, nelle intenzioni della giunta Loiero che lo aveva assoldato, aveva bisogno di una strizzata e una stirata per essere appesa ad asciugare un po’ dovunque: negli aeroporti, sui taxi, sui cartelloni 6×3 accanto a quelli degli elettrodomestici in saldo.

Affezionato alle massime d’amor sublime unite allo shock termico dei contrasti pagani – come accadde per i jeans Jesus, accompagnati da un claim liberamente ispirato al Vangelo secondo Matteo: “Chi mi ama mi segua” scritto sul bel didietro sodo di Donna Jordan – per la campagna calabrese, il fotografo vuole tirar fuori un’idea che colpisca non tanto per l’originalità, quanto per la sua discutibilità. L’opinione pubblica, lo sa bene dai tempi della famosa foto del bacio tra un prete e una suora con il logo Benetton in bella vista, è cosa fragile e sensibile: si spacca facilmente e volentieri per futilità.

Toscani mette in fila alcuni ragazzi calabresi vestiti da recita scolastica: in jeans e maglia bianca e scarica l’offesa in rosso cardinale («Malavitosi? Sì, siamo calabresi», «Ignoranti, sì siamo calabresi»), per vestirla di paradosso e disarmare il pregiudizio con una citazione cristiana mainstream («gli ultimi saranno i primi»).

Nel marzo 2007, Toscani presenta a Roma (non in Calabria), la campagna ideata con la Sterpaia. Loiero mette sul tavolo 3.871.385 euro. La cifra lievita a 4 milioni complessivi: 2.328.655 euro per l’acquisto di spazi sui maggiori quotidiani nazionali, 960.000 euro per la diffusione dello spot sui circuiti televisivi nazionali e 582.720 euro per la cartellonistica a Roma, Milano e Torino.

L’incontro all’Unical

Poco dopo i fasti della presentazione capitolina, tocca alla Calabria accogliere in uno sventolio di palme l’arrivo di Toscani scortato dal vicepresidente della regione Calabria Nicola Adamo. Ma di palme all’Unical non se ne vedono. Il docente Massimo Celani, uno dei massimi creativi calabresi, introduce l’incontro, ma le sue parole non vanno a genio a Toscani che comincia a scaldarsi. Gli studenti incalzano il fotografo e lui sbotta, seccato, offese all’uditorio e se ne va, di malo modo.

La campagna calabrese fu un flop epocale. Presto fatta, presto dimenticata. Non rimasero neanche le briciole di quella polemica costruita a tavolino, impastata, ripassata e fritta, solo il ricordo di una brutta (e costosa) indigestione.

La denuncia per diffamazione

Il 20 ottobre del 2016, sempre in Calabria, a Vibo Valentia questa volta, Toscani è l’ospite d’onore della mostra “Razza umana”, al complesso del Valentianum. Un ragazzo, figlio di un carabiniere, Vittorio Sibiriu, appassionato di fotografia, si avvicina per chiedergli uno scatto ricordo. Toscani lo respinge bruscamente, accusandolo di essere un potenziale mafioso. Parole che sono come pietre. Il ragazzo decide che la cosa non finisce lì. Sibiriu denuncia e vince la causa. Nel 2022 il fotografo viene condannato per diffamazione.

Divisivo e corsaro, inquieto e burrascoso, spesso Toscani è stato causa del suo stesso male, come nel caso delle disgraziate parole pronunciate dopo il crollo del ponte Morandi che spezzarono la storica collaborazione tra lui e i Benetton. Anche per chi l’ha amato, seguirlo non è mai stato semplice.

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