«Le condizioni di vita nelle carceri sono inaccettabili», in Calabria numeri spaventosi
La presidente della Corte d’appello Concettina Epifanio dedica un focus all’emergenza: «Vergogna nazionale, detenuti in situazioni inumane e degradanti». I penitenziari di Castrovillari, Rossano, Paola e Crotone scoppiano
«Il sovraffollamento carcerario è una vera e propria vergogna nazionale. Il detenuto non è un numero, non è una matricola, non è il reato che ha commesso ma è una persona». Così la presidente della Corte d’appello Concettina Epifanio affronta l’emergenza carceri citando la Costituzione, le parole del cardinale Matteo Maria Zuppi e Papa Francesco. «Auspico che in quest’anno giubilare il Governo prenda seriamente a cuore la questione del sovraffollamento e delle condizioni, spesso inumane e degradanti in cui sono costretti a vivere i detenuti» è l’appello di Epifanio. Secondo quanto si legge nella relazione dal 2022 al 2023 la situazione nei penitenziari calabresi è peggiorata.
«Il sovraffollamento riguarda tutte le carceri ad eccezione della casa circondariale di Catanzaro. In sei istituti su sette si registra una situazione di sovraffollamento – annota la presidente della Corte d’appello – che in alcuni casi sfiora percentuali preoccupanti: 132,79% a Castrovillari, 24% a Cosenza, 122% a Rossano, 3% a Vibo Valentia, 126,22% a Paola, 140% a Crotone. A rendere più difficile la situazione vi è la non completa copertura degli organici sia con riferimento ai funzionari giuridico pedagogici sia con riferimento alla Polizia penitenziaria.
A fronte di tale gravissima situazione di sovraffollamento e criticità che porta inevitabilmente a un mancato rispetto dei diritti basilari dei detenuti, come quello della salute, lo Stato non può più rimanere inerte: il prezzo che si sta pagando è alto e intollerabile, visto il numero dei suicidi consumatosi non solo tra i detenuti ma anche tra gli appartenenti alla polizia penitenziaria».
Gravi crepe nei sistemi di sicurezza delle carceri
«Altro dato critico è rappresentato dalla circostanza che negli istituti penitenziari del distretto è ristretto un elevato numero di stranieri, spesso indigenti, ma anche detenuti italiani in condizioni di estrema povertà, cui si fa fronte, in presenza dell’inerzia delle istituzioni, essenzialmente tramite il contributo del volontariato, apprezzabile, ma non certo sufficiente» prosegue nella sua relazione la presidente della Corte d’appello.
«Permangono poi gravi crepe anche nel sistema di sicurezza degli istituti penitenziari: il culmine si è sicuramente toccato a marzo del 2020 quando le rivolte all’interno delle carceri e le evasioni di massa hanno messo in luce drammaticamente quanto sia facile prendere, da parte dei detenuti, il controllo di un istituto penitenziario. Eppure dopo tali fatti gravi che hanno avuto ampia risonanza mediatica la sicurezza all’interno delle carceri non è stata sufficientemente ripensata e sempre più spesso accade che si riesca a far entrare sostanze stupefacenti, telefoni cellulari ed altri oggetti non consentiti; inoltre, sono in aumento le aggressioni alla polizia penitenziaria ed al personale medico presente negli istituti».