Le volontarie del Centro Antiviolenza “Roberta Lanzino”: «La chiusura è un grave atto di negligenza»
A rischio ci sono anche i fondi ministeriali che permettono al centro di continuare a operare tra difficoltà enormi
Le volontarie del Centro Antiviolenza “R. Lanzino” hanno ribadito con fermezza il loro impegno nel corso di una conferenza stampa tenutasi oggi pomeriggio nella sede di Via Fagiani. Senza alcun preavviso, hanno infatti trovato la struttura priva di corrente elettrica e riscaldamento. «Un duro colpo per noi, che abbiamo un forte senso di responsabilità e non possiamo permetterci di abbandonare le donne che seguono percorsi di accoglienza» hanno dichiarato le volontarie.
L’edificio, di proprietà della Regione, è stato destinato a lavori di ristrutturazione, di cui, tuttavia, non sono stati forniti dettagli specifici. «Nonostante ripetute richieste inviate agli uffici regionali competenti, non abbiamo mai ricevuto risposte ufficiali. Ci siamo così trovate improvvisamente costrette a interrompere le attività del centro, con gravi ripercussioni per le donne vittime di violenza che da quasi trent’anni si affidano a noi».
Secondo le volontarie, si tratta di un atto di grave negligenza istituzionale, indice di una preoccupante mancanza di responsabilità su una tematica così delicata. «Questa interruzione forzata compromette il supporto essenziale che offriamo a donne in pericolo. Il nostro centro rappresenta un punto di riferimento fondamentale, garantendo ascolto, percorsi di uscita dalla violenza e supporto all’autonomia. Lasciare sole le donne che si rivolgono a noi è inaccettabile. È inconcepibile che un’istituzione pubblica dimostri così poca attenzione verso chi combatte quotidianamente per la sicurezza e i diritti delle donne».
La mancata comunicazione preventiva della chiusura evidenzia, secondo le volontarie, un totale disinteresse nei confronti della continuità del loro operato e, più in generale, delle politiche di contrasto alla violenza di genere.
Richiesta di incontro con le istituzioni
Le volontarie del CAV hanno richiesto un incontro con le istituzioni regionali per chiarire le motivazioni di questa decisione e per ottenere il dovuto rispetto per il loro lavoro. «La nostra è una responsabilità istituzionale: non vogliamo abbandonare le donne che si affidano a noi, così come le istituzioni, secondo la Convenzione di Istanbul, sono tenute a garantire questi servizi attraverso i CAV. Ricordiamo che siamo collegati al 1522, numero istituzionale di pubblica utilità».
Le volontarie chiedono risposte rapide e la rapida individuazione di una sede alternativa che consenta di proseguire le attività del centro. Inoltre, sollecitano l’elaborazione di un piano strutturato per garantire la stabilità e la tutela dei Centri Antiviolenza, evitando il ripetersi di situazioni simili. «Non si può parlare di tutela delle donne se i luoghi che le proteggono vengono chiusi con tale superficialità. Non ci fermeremo finché non avremo risposte concrete».
A rischio, oltre alle attività del CAV, ci sono anche i fondi ministeriali che permettono al centro di continuare a operare tra difficoltà enormi. Per questo, le volontarie hanno convocato un’assemblea per mercoledì alle 16:00 nella sede di Via Fagiani, invitando associazioni, società civile e forze politiche che hanno già espresso solidarietà e sostegno alla causa.
Al termine della conferenza stampa, la Regione ha provveduto al riallaccio della corrente elettrica, un gesto accolto con positività ma che non spegne le preoccupazioni delle volontarie. «Non arretreremo di un passo e continueremo la mobilitazione finché non avremo certezze. Nulla è stato ancora comunicato ufficialmente e sappiamo che i lavori di ristrutturazione sono previsti. Continueremo a vigilare affinché il nostro servizio non venga interrotto».