venerdì,Aprile 25 2025

Prigioniere in Libia: mogli e figlie, anche una neonata, la disperazione di due migranti camerunensi ad Acquaformosa

Il presidente dell'Associazione Don Vincenzo Matrangolo, Giovanni Manoccio, ha portato all’attenzione il caso, sottolineando la necessità di un impegno condiviso affinché la società dei diritti possa prevalere su quella dell’orrore. Un appello a cui si unisce anche Elly Schlein

Prigioniere in Libia: mogli e figlie, anche una neonata, la disperazione di due migranti camerunensi ad Acquaformosa

La notizia della loro cattura è giunta insieme ad una richiesta di riscatto secondo le leggi della barbarie che regolamentano il traffico di essere umani. Nei famigerati centri di detenzione libici da qualche giorno sono rinchiuse anche le mogli di due giovani camerunensi ospiti ad Acquaformosa di uno dei progetti del Sistema di Accoglienza e Integrazione dell’Associazione Don Vincenzo Matrangolo.

Con le due donne anche le loro bimbe, una di un anno e mezzo, l’altra di appena due mesi, ed una cognata a sua volta incinta. Tutte, dopo un lungo viaggio attraverso il deserto, speravano di poter congiungersi con i rispettivi mariti per iniziare in Calabria una nuova vita.

Appello ad Elly Schlein

Il fatto viene sollevato una settimana dopo il caso Almasri. Inviata una richiesta di aiuto a Elly Schlein. «Sono Giovanni Manoccio, presidente dell’associazione Don Vincenzo Matrangolo di Acquaformosa – si legge nella missiva – Da 15 anni operiamo nel campo dell’accoglienza con i progetti SAI. Mi rivolgo a lei, sapendo di trovare una interlocutrice attenta ai diritti dei più deboli, come lo sono tutte le persone che accogliamo, che fuggono dalla fame, dalle guerre, dalle torture, e che solo per miracolo riescono ad arrivare in Italia e in Europa, in una roulette russa che non fa sconti».

Il racconto dell’orrore

Poi il racconto della vicenda: «Da novembre abbiamo in accoglienza due nuclei monoparentali provenienti dal Camerun, un padre con una bimba di 4 anni e un altro padre con un bimbo di 2 anni. Nei giorni scorsi si sono rivolti all’assistente sociale e alla psicologa del nostro progetto di accoglienza, per informare che entrambe le loro mogli, e le loro rispettive due figlie, sono state prelevate dalle milizie libiche e portate in una delle carceri libiche».
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