Dario Brunori è un grande uomo, ma lui non può saperlo
Un incontro casuale al parco e la chiacchierata di un'ora bastano a confermare l'antico adagio: l'umiltà è quella virtù che quando la si ha, si crede di non averla
Incontro Dario Brunori per caso, un’estate fa, a San Fili, in una villetta improvvisata all’ingresso del paesino: due altalene, uno scivolo e poco altro. Non lo riconosco, anche per quel cappellino che gli fa ombra al viso. È con sua figlia, e quando la mia si avvicina a loro, scattano le presentazioni di rito: «Lei è Claudia», «E lei è Fiammetta».
Un nome che evoca fascinazioni lontane, penso tra me e me. Tradisce una simpatia politica, penso ancora. L’algebra mi viene in soccorso prima di scivolare nella gaffe: Fiammetta più San Fili, uguale Lui. Continuo a fare finta di niente. Le bimbe giocano e noi ci sediamo su una panchina a osservarle. Parliamo un po’ di loro, delle nostre famiglie, di San Fili. Neanche un accenno ai rispettivi lavori. «Fa l’antidivo – dico a me stesso – ma è solo una posa. E gli rode che non l’abbia riconosciuto».
Invece, comincia a farmi un sacco di domande, più di quante gliene faccia io. Personali, mai invadenti. È sinceramente interessato al perché non sia andato a vivere a San Fili, pur avendo casa lì. Ci ragioniamo di sopra per un quarto d’ora e, per tutto questo tempo, anche quando parla di sé stesso non pronuncia neanche una volta la parola «Io».
Poi si alza per andare a dondolare la figlia e dal cellulare che ha in tasca mette su un po’ di musica. Ti aspetti che le faccia ascoltare le canzoni di papà e, invece, partono “Life on Mars” prima ed “Hey Jude” poi. A Fiammetta, spiega che a cantare, in quel caso, «è Paul». Non serve altro per capire che la sua non è affatto una posa.
Ci salutiamo e se ne va, ma poi torna sui propri passi solo per chiedermi: «Scusa, non mi hai detto il tuo nome». Solo a quel punto gli dico che il suo nome, invece, lo conosco già; e per minimizzare, lui si congeda con un “non sorriso” tutto cosentino.
È passato quasi un anno da allora, ma ancora oggi quell’incontro rappresenta per me un antidoto formidabile alla mitomania dei tempi. In molti ritengono che, anche se non arriverà al primo posto, il suo festival lo abbia già vinto. Concordo con questa visione; ma credo – anzi ne sono certo – che sia nell’uno che nell’altro caso, tutto questo non lo cambierà.
- Tags
- Dario Brunori