Cosenza, Romano condannato per estorsione: le motivazioni
La difesa aveva puntato sulla presunta irregolarità nella trascrizione delle intercettazioni e sull’inattendibilità del riconoscimento vocale da parte di un brigadiere della Guardia di Finanza
La Corte di Cassazione ha messo la parola fine al processo contro Denny Romano, dichiarando inammissibile il suo ricorso e confermando la condanna a 3 anni e 4 mesi di reclusione, oltre a una multa di 900 euro, per il reato di estorsione.
La difesa aveva puntato sulla presunta irregolarità nella trascrizione delle intercettazioni e sull’inattendibilità del riconoscimento vocale da parte di un brigadiere della Guardia di Finanza. Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto entrambi i motivi manifestamente infondati, ribadendo un consolidato orientamento giurisprudenziale.
Il nodo delle intercettazioni
Il cuore del ricorso si basava su un’intercettazione ambientale del 26 maggio 2015, utilizzata come prova contro Romano. La difesa sosteneva che la trascrizione fosse irregolare, poiché non firmata da un brigadiere, l’unico testimone ad aver riconosciuto la voce dell’imputato.
Inoltre, secondo gli avvocati di Denny Romano, il riconoscimento vocale sarebbe stato effettuato senza rispettare le procedure previste dal codice di procedura penale, senza una perizia fonica e senza tenere conto del fatto che il testimone non sentiva la voce dell’imputato da oltre quattro anni.
La decisione della Cassazione
La Corte ha respinto queste argomentazioni, ritenendo il verbale regolarmente firmato da altri due ufficiali e affermando che il riconoscimento vocale effettuato da un agente di polizia giudiziaria è una prova valida quando ritenuta attendibile dal giudice.
Secondo la giurisprudenza, infatti, non è necessario che un riconoscimento vocale segua le stesse regole della ricognizione di persona, se il testimone afferma di essere certo dell’identità della voce.
Di recente, Denny Romano ha rivolto il suo appello alla magistratura chiedendo di intervenire con il carcere di Rebibbia per tutelare il suo stato di salute.
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