martedì,Aprile 29 2025

Chiara Ferragni e la crisi senza fine: ecco i marchi che non l’hanno scaricata

Dopo lo scandalo del pandoro-gate, l'impero di Chiara Ferragni affronta una crisi senza precedenti: perdite milionarie, fuga dei brand e incertezza su Fenice. Riuscirà a salvarsi o è destinato al tracollo?

Chiara Ferragni e la crisi senza fine: ecco i marchi che non l’hanno scaricata

Negli ultimi anni, Chiara Ferragni ha rappresentato un modello di successo imprenditoriale e comunicativo, trasformando la sua immagine in un vero e proprio impero economico. Tuttavia, il caso Balocco, meglio noto come pandoro-gate, ha segnato un punto di svolta negativo nella sua carriera. Questo ha generato una crisi senza precedenti che ha travolto il brand Fenice e messo a rischio la sua reputazione. Il declino della sua azienda, la fuga dei marchi partner e il crollo del fatturato sollevano un interrogativo: è davvero la fine dell’era Ferragni?

L’impatto del pandoro-gate sulla reputazione di Chiara Ferragni

Tutto iniziò a dicembre 2023, quando Chiara Ferragni finì al centro di una controversia sulla vendita di un pandoro brandizzato in collaborazione con Balocco. Le accuse la colpirono per aver pubblicizzato il prodotto come parte di un’iniziativa benefica, mentre i proventi destinati alla beneficenza risultavano minimi rispetto ai guadagni della sua azienda. Questo ha scatenato una forte indignazione pubblica, portando a un tracollo della sua immagine e alla perdita di fiducia da parte di molti brand.

La fuga dei marchi e la perdita di valore del brand Ferragni

Subito dopo lo scandalo, numerosi marchi che collaboravano con Chiara Ferragni hanno deciso di rescindere i contratti in essere. Solo due brand, Morellato e Mofra, hanno scelto di rimanere legati all’influencer, ma con effetti economici disastrosi. Mofra, ad esempio, ha registrato un crollo del 40% nelle vendite nel 2024. La perdita di sponsor e collaborazioni ha determinato un drastico calo dei ricavi per Fenice, mettendola in una situazione finanziaria critica.

Fenice sull’orlo del fallimento: numeri e dati della crisi

Claudio Calabi, manager con una lunga esperienza in aziende in crisi, è amministratore unico di Fenice nell’autunno 2024, con il compito di tentare un salvataggio disperato. La situazione finanziaria della società, aggiornata al 30 novembre 2024, mostrava perdite superiori ai 10 milioni di euro e un drastico calo del fatturato: dai 12,5 milioni di euro del 2022 a soli 1,3 milioni nei primi 11 mesi del 2024. Per garantire la continuità aziendale, 50.000 euro con un sovrapprezzo di 6,3 milioni è l’aumento di capitale varato, approvato da Sisterhood (la holding di Chiara Ferragni) e da Alchimia (di Paolo Barletta), ma bocciato dall’azionista Pasquale Morgese.

Il ruolo di Pasquale Morgese e il rischio di liquidazione

Morgese, proprietario di Mofra e azionista di Fenice attraverso Esuriens srl e N1 srl, è tra i principali oppositori del piano di risanamento proposto da Calabi. La sua posizione ha reso ancora più difficile la possibilità di un rilancio dell’azienda. Morgese, che ha visto le vendite delle sue scarpe calare drasticamente dopo lo scandalo Ferragni, potrebbe essere la prima vittima collaterale del pandoro-gate, ma il suo rifiuto di supportare il piano di aumento di capitale potrebbe affossare definitivamente Fenice, portandola alla liquidazione.

Il futuro di Chiara Ferragni: c’è ancora speranza?

La domanda che molti si pongono è se Chiara Ferragni riuscirà a risollevarsi da questa crisi o se il suo brand sia destinato a scomparire. La sua immagine, una volta sinonimo di successo e aspirazione, è oggi associata a polemiche e controversie. Tuttavia, Ferragni ha dimostrato in passato di saper reinventarsi e potrebbe tentare un nuovo rilancio, magari puntando su una strategia di trasparenza e ricostruzione della fiducia del pubblico.

La sfida principale sarà quella di riacquistare credibilità agli occhi dei consumatori e dei brand, dimostrando un reale cambiamento nella gestione della sua immagine. Se non riuscirà in questo intento, il destino di Fenice sembra già segnato, con una chiusura imminente e la perdita definitiva del suo status di icona imprenditoriale.