Il ministro Abodi contro i calciatori scommettitori: “Fuori dalla Nazionale”. È bufera
Dura presa di posizione del ministro dello Sport Andrea Abodi: “Chi ha scommesso illegalmente non merita l’azzurro”. Calcagno (AIC) e il M5s lo accusano di ipocrisia e doppia morale.
“Indossare la maglia azzurra è un onore, non un diritto acquisito. E deve premiare non solo il valore tecnico, ma soprattutto la condotta morale”. Con queste parole, il ministro dello Sport Andrea Abodi ha riacceso il dibattito sul caso scommesse che ha travolto il calcio italiano, coinvolgendo dodici tra calciatori ed ex calciatori di Serie A.
In un’intervista rilasciata al Messaggero, Abodi ha espresso una posizione netta: chi ha scommesso illegalmente, anche se ha scontato la propria pena sportiva, non dovrebbe più essere convocato in Nazionale. “Non basta buttare la palla dentro. Se vieni meno a delle regole che sono esemplari, bisogna andare oltre la sanzione”, ha dichiarato il ministro, aggiungendo che “la convocazione in azzurro dovrebbe essere un premio a tutto tondo”.
Modelli da seguire o da evitare?
Il ragionamento di Abodi affonda le radici in una visione etica dello sport, in cui l’atleta, oltre ad essere un professionista, è anche un modello da seguire, soprattutto per i più giovani. “I calciatori – ha sottolineato – sono esempi. Se sbagliano loro, li emulano i tifosi, i ragazzi. La cosa sconcertante è che, nonostante la loro agiatezza economica, dimostrano una fragilità caratteriale impressionante”.
Parole che hanno suscitato immediate reazioni, non solo nel mondo del calcio, ma anche in quello politico.
La replica di Assocalciatori: “La pena deve rieducare”
A rispondere per primo è stato Umberto Calcagno, presidente dell’Assocalciatori (AIC), che ha contestato la linea dura del ministro ricordando il principio sancito dall’articolo 27 della Costituzione: la funzione rieducativa della pena.
“Chi ha fatto i conti con la giustizia sportiva deve poter rientrare a pieno titolo nel nostro mondo”, ha dichiarato Calcagno all’Ansa. “Escludere per sempre dalla Nazionale un calciatore che ha sbagliato, significa negargli una seconda possibilità”.
Per sostenere la sua tesi, Calcagno ha evocato un precedente storico: “Nel 1982 Paolo Rossi, reduce da una squalifica per il Totonero, fu reintegrato in Nazionale e trascinò l’Italia al titolo mondiale. Fu una vittoria sportiva e umana”.
Il M5s: “Abodi ha la doppia morale”
Durissima anche la posizione del Movimento 5 Stelle, che accusa Abodi di incoerenza. A parlare è il deputato Gaetano Amato, che ha denunciato “la doppia morale del ministro”: da un lato la linea dura verso i calciatori che scommettono, dall’altro “la volontà del governo di reintrodurre la pubblicità del gioco d’azzardo negli stadi e sulle maglie”.
Secondo Amato, il governo Meloni sta rendendo il calcio sempre più dipendente dal denaro, e scarica sui singoli calciatori le colpe di un sistema malato: “Lo avevamo detto ad Abodi in Commissione e in Aula: se si permette che l’azzardo torni a invadere il calcio, i risultati non possono che essere questi”.
Una questione di opportunità
Al centro della polemica non c’è solo la liceità dei comportamenti, ma l’opportunità di rappresentare la Nazionale dopo aver tradito le regole fondamentali dello sport. Secondo Abodi, servono esempi positivi per ricostruire il rapporto tra calcio e tifosi, soprattutto in un momento storico in cui la credibilità dello sport è messa a dura prova.
Ma per molti, questa posizione rischia di trasformarsi in una sentenza morale definitiva che esclude ogni possibilità di redenzione. In altre parole: se chi sbaglia paga, allora perché non dovrebbe poter tornare a sognare l’azzurro?
La linea sottile tra giustizia e ipocrisia
Il dibattito si muove su una linea sottile, tra legalità, opportunità e perdono. Da un lato c’è il desiderio, comprensibile, di proteggere l’immagine della Nazionale come simbolo di integrità. Dall’altro, la consapevolezza che anche gli errori fanno parte della vita – e che punire a vita chi ha già pagato rischia di essere più ideologico che educativo.
Resta il nodo di fondo: può un calciatore tornare a vestire l’azzurro dopo aver scommesso illegalmente? O, come suggerisce Abodi, il valore morale deve contare quanto – se non più – del talento?
Una risposta definitiva ancora non c’è, ma il confronto è aperto. E, almeno per ora, la partita si gioca più fuori che dentro il campo.