Il neo collaboratore Andrea Guarnieri rivela quattro omicidi: «Temo per la mia vita»
L’interrogatorio, condotto lo scorso 6 marzo dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Debora Rizza, segna l’ingresso ufficiale del giovane tra i collaboratori di giustizia
È con il peso di quattro omicidi sulla coscienza che Andrea Guarnieri, 31 anni, ha deciso di parlare. L’interrogatorio, condotto lo scorso 6 marzo dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Debora Rizza, segna l’ingresso ufficiale del giovane tra i collaboratori di giustizia.
Guarnieri si è presentato spontaneamente presso il commissariato di polizia di Catanzaro Lido, motivando la sua scelta con un forte senso di inquietudine: la notte precedente, mentre tornava a casa dal lavoro di magazziniere a Marcellinara, avrebbe percepito la presenza di qualcuno nel buio, un movimento che lo ha spaventato a tal punto da spingerlo a rivolgersi agli inquirenti.
Il primo omicidio
Subito dopo confessa di essere a conoscenza di quattro omicidi ai quali ha partecipato. C’è da premettere che fino ad oggi a Guarnieri era stata contestata la partecipazione nella cosca Catarisano ma mai omicidi.
L’ordine per il primo delitto (il nome della vittima è stato omissato) gli sarebbe stato commissionato, racconta, da Salvatore Abbruzzo che lo raggiunge in un camping nel quale lavorava in nero. Il capo cosca gli dice che pomeriggio avrebbe dovuto recarsi «ad una parte», e lo guarda male quando il giovane chiede spiegazioni «perché non avrei dovuto fargli quella domanda».
«Non dire niente o ti uccidiamo»
Guarnieri viene portato a Girifalco dove ad attenderlo c’è Sandro Ielapi (anche lui oggi collaboratore di giustizia), già armato di mitraglietta.
A Soverato Guarnieri e Pietro Abbruzzo avrebbero rubato un motorino lasciato incustodito e, al segnale di Vincenzo Tolone, Ielapi e Guarnieri partono. Al segnale di Ielapi, Guarnieri si ferma, Ielapi scende e il 31enne racconta di non avere visto nulla ma solo di aver sentito gli spari e di aver ripreso a bordo il killer per fuggire.
La fase finale del delitto sarebbe stata gestita da Massimo Citraro che avrebbe dato fuoco al motorino e, infine, portò Guarnieri, attraverso un serie di stradine secondarie, a casa di Nando Catarisano, promotore della cosca. Il collaboratore racconta di aver avuto paura durante il tragitto, paura che «Citraro potesse uccidermi» ed ebbe la tentazione di scendere dalla macchina. «Arrivati là – prosegue il racconto – Catarisano mi disse di non dire niente a nessuno di ciò che era stato fatto altrimenti mi avrebbero ucciso e che dovevo fare come loro mi dicevano».
(Continua a leggere l’articolo su Lacnews24.it)
- Tags
- Dda di Catanzaro