giovedì,Maggio 15 2025

‘Ndrangheta a Cassano, dove ci sono «amici» c’è «protezione»

I retroscena di una delle tentate estorsioni ricostruite dagli investigatori della Dda nell'ultima operazione antimafia eseguita nella Sibaritide

‘Ndrangheta a Cassano, dove ci sono «amici» c’è «protezione»

«Paga la protezione» o in alternativa «mettiti a posto con gli amici». In gergo malavitoso sono sinonimi, rimandano alla richiesta di versamento di una tangente. Ed è esattamente in questi termini che, alla fine di gennaio del 2024, Marco Abbruzzese alias “U palummu” si sarebbe rivolto a un imprenditore edile della Sibaritide, utilizzando ambedue le espressioni. Così, per risultare più convincente.

L’episodio rappresenta una delle tentate estorsioni incluse nella recente inchiesta della Dda di Catanzaro culminata in quattro arresti, e se la pressione criminale non ha determinato poi conseguenze, lo si deve soprattutto al coraggio della vittima che, dopo una pausa di riflessione durata pochi giorni, ha deciso di denunciare l’accaduto ai carabinieri.

All’epoca, l’imprenditore è impegnato nella realizzazione di una strada di collegamento tra Cassano e Lauropoli e nella costruzione di una casa di cura a San Demetrio Corone. In base al suo racconto, Abbruzzese lo aggancia un giorno, di buon mattino, nel bar in cui è solito far tappa prima di recarsi al lavoro. È lì, dopo averlo invitato ad appartarsi con fare amichevole, che fa scattare la richiesta estorsiva a cui, però, l’interlocutore si oppone fin dal principio.

«Grazie, ma ho già un servizio di vigilanza» è la formula elegante che sceglie per levarsi dall’impiccio. In quel caso, Abbruzzese avrebbe incassato il colpo senza reagire, ma nelle settimane a venire, l’imprenditore se lo sarebbe ritrovato davanti in più occasioni, nel solito bar così come sul cantiere, per nulla intenzionato a mollare la presa.

La richiesta originaria, a suo dire, era il canonico tre per cento dell’appalto richiesto a tutti i taglieggiati. Stavolta, però, avrebbero fatto un’eccezione: il racket, in questo caso, sarebbe stato esercitato direttamente sulla ditta di vigilanza. Lui avrebbe solo dovuto badare di pagarla con «con puntualità». Sono tutte richieste che l’imprenditore sostiene di aver rispedito al mittente, sempre con l’accortezza di non «mancare di rispetto» al suo interlocutore che, però, davanti a quella sequela di rifiuti, avrebbe cambiato registro lessicale.

Come riportato in denuncia, infatti, all’ennesimo incontro “casuale” tra lui e Abbruzzese, quest’ultimo avrebbe vaticinato così: «Se ti succede qualcosa al cantiere, poi non venire da me». Il gesto, solo accennato, di scagliarsi fisicamente contro di lui, è il preludio a una situazione che sta per precipitare. In tal senso, gli sguardi ostili che la vittima sostiene di essersi sentito addosso nei giorni successivi sono la classica goccia che fa traboccare il vaso. È in quel momento che decide di andare a denunciare tutto ai carabinieri.