Un altro fallimento targato… Pagliuso!

Sesta puntata della nostra rubrica “Riceviamo&Pubblichiamo”. Questa settimana pubblichiamo la lettera di un tifoso che sottolinea l’importanza, per le casse societarie, di puntare sui giovani.

Dirigenti e politici in posa sulla pista del San Vito (foto rosito)


Una lettera forte e mirata. Volta a spiegare l’evolversi di una stagione che ha portato all’ennesimo fallimento. Questa settimana diamo spazio ad un tifoso rossoblù che, seppur lontano, è riuscito ad inquadrare in maniera fattiva il problema. “Spett.le Redazione. Chi come me vive lontano dalla città natale da oltre vent’anni, probabilmente ha in mente una Cosenza diversa da quella che è diventata oggi. Non bastano quei pochi giorni estivi a farti capire i cambiamenti che nella tua terra sono avvenuti, non basta il costante contatto con amici e parenti per comprendere cosa sia diventata quella città che idealizzi tanto nei tuoi pensieri. Lo stesso ragionamento vale per la squadra del cuore, quella che non ti scegli perché vince, ma perché ci nasci tifoso. Per quanto, soprattutto negli ultimi due anni un po’ di partite le abbia viste; per quanto riesco a leggere sul vostro sito, che fa un servizio meraviglioso per noi fuori sede; per quanto si legga e scriva in tutti i vari forum di tifosi … alla fine, anche lì, i ricordi contano più della realtà, che non vivi tutti i giorni e che quindi non riesci a comprendere. Ho conosciuto Pagliuso nella sua prima esperienza da Presidente; l’ho sempre considerato un grande tifoso del Cosenza, l’ho sempre visto come un Presidente che aveva senso in quel momento storico del calcio italiano: il mondo dei Moggi, delle fidejussioni false, dei bilanci taroccati … un mondo in cui quella gestione poteva starci se riusciva a produrre risultati sportivi. La fine di quell’esperienza, fra l’altro anticipata da anni in cui il rapporto con gran parte dei tifosi si era logorato, aveva fatto chiaramente capire che, in quel modo, una società professionistica non poteva essere gestita. La storia degli ultimi 5 anni mi aveva ridato entusiasmo, almeno la sua prima parte; giusta la politica di valorizzazione di giovani (cosentini o calabresi); giusta la politica del passo non più lungo della gamba. Mi pareva avessimo intrapreso il percorso giusto per avere tranquillità, certezze e toglierci qualche soddisfazione. L’avvio del processo inverso io lo vedo dall’avvento di Carnevale e dei suoi acquisti di quel periodo. Contratti onerosi con poco significato tecnico/tattico. In aggiunta troppa ingerenza nelle scelte tecniche: ricordo la trasferta di Reggio Emilia con la squadra snaturata per dimostrare al Presidente che non capiva nulla di calcio. E’ chiaro che, fino all’avvento dei Pagliuso la situazione era difficile ma non drammatica … quel momento è stato il punto di non ritorno. Io continuo a chiedermi perché un uomo come Pagliuso (padre) sia voluto tornare a fare quello che, palesemente, non sapeva fare e mettere alla testa della società di cui sono convinto sia tifoso, una persona totalmente inadatta a quel ruolo. Non comprendo cosa si volesse fare con la campagna acquisti, dove si sia nascosta la dignità nel non pagare gli stipendi, dove siano scappati gran parte dei giornalisti locali quando era chiaro cosa stesse avvenendo. Abbiamo vissuto un anno con la piena consapevolezza che tutto si sarebbe concluso come sta concludendosi, nella farsa più totale. Degli ultimi personaggi che hanno in mano le sorti della mia squadra non voglio neanche parlare, non lo meritano viste le continue bugie. Abbiano il coraggio di dire le cose come stanno e che il Cosenza non esisterà più per una precisa responsabilità della famiglia Pagliuso. Una cosa non posso sopportare: sentire dire che siamo tutti colpevoli. Questo no! C’è una gran parte di tifosi che aveva ampiamente capito come sarebbe finita e lo aveva capito in tempi non sospetti. In quel momento tanti, anche i giornali, li hanno definiti nemici del Cosenza. Non chiediamo le scuse di nessuno, ma cortesemente almeno non vogliamo vederci accomunati a quanti, con i loro silenzi o con le loro omissioni, sono effettivamente complici di questa ingloriosa fine. Può darsi che la mia visione sia veramente non corrispondente alla realtà e che i fatti, veri, siano differenti da come io li vedo da 900 km di distanza; una cosa mi piacerebbe vedere se il Cosenza dovesse ripartire dai dilettanti: nello statuto della società dovrebbe essere scritto che mai, fra soci o dirigenti, dovrà apparire il nome di chi, per ben due volte, ci ha ricacciato nell’inferno … almeno questo, alla città, sarebbe dovuto”.
Michele Passarelli

Caro Michele Ho apprezzato molto quanto hai scritto. Soprattutto il modo in cui lo hai scritto. Mai fuori dalle righe. In maniera consona hai descritto un anno tribolato. A differenza di alcuni sei riuscito, con i termini esatti, a descrivere una situazione paradossale senza mai cadere in volgarità come, purtroppo, avviene troppo spesso qui da noi. Questo per far capire che, spesso e volentieri, si può essere più incisivi analizzando in maniera pacata e senza “epiteti” situazioni particolari e che rendono l’animo, soprattutto di un tifoso, alquanto infuocato. Mi vorrei soffermare soprattutto quando scrivi: “…dove siano scappati gran parte dei giornalisti locali quando era chiaro cosa stesse avvenendo”. Non credo siano scappati. Più che altro si sono schierati. Alcuni hanno omesso in buona fede, altri no. Alcuni hanno aspettato prima di dare giudizi, altri hanno denunciato. Ognuno sceglie quello che vuole essere e come vuole esserlo. Non mi va in questa circostanza di giudicare nessuno, non sono la persona adatta. Anche se sono stato più volte giudicato e soprattutto etichettato come “pagliusiano”. Eppure, in tempi non sospetti, scrissi proprio a Pagliuso un editoriale abbastanza mirato in cui lo invitavo a rivedere una “politica autolesionista” visto che il tutto sarebbe coinciso con un secondo, imperdonabile, fallimento. Ognuno ha un suo modo di vedere le cose, interpretarle oltre che raccontarle. C’è chi è riuscito a farlo e chi meno. Di sicuro anche noi abbiamo fatto i nostri errori. Ma quando sei in buona fede non puoi che imparare dagli errori commessi.
Piero Bria

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