Rango-zingari, parla il pentito Montemurro: «Ecco chi comandava dopo l’arresto di Rango…»

Il collaboratore di giustizia ha deposto nel processo che si svolge a Cosenza col rito ordinario. L’ex gestore della società di sicurezza nei locali ha spiegato quali erano gli equilibri dopo l’arresto di Rango e come avvenivano le estorsioni. Intanto Daniele Lamanna ha cambiato avvocato: il presidente Di Dedda lo ha appreso direttamente in aula.

Ha rischiato di non poter deporre in aula il collaboratore di giustizia Giuseppe Montemurro, che al presidente del collegio giudicante Enrico Di Dedda dopo l’ora di pranzo ha comunicato di avere seri problemi di salute che non gli avrebbero permesso di rimanere ancora per tanto tempo nel sito riservato dal quale ha rilasciato le dichiarazioni.

Il pentito, ex gestore della società di sicurezza che serviva in realtà al presunto clan Rango-zingari per far confluire altro denaro nella bacinella comune della ‘ndrangheta cosentina, è stato citato dal pubblico ministero Pierpaolo Bruni nell’ambito del processo che si sta svolgendo a Cosenza col rito ordinario. A giudizio davanti al tribunale collegiale vi sono tra gli altri Franco Bruzzese, Daniele Lamanna, Stefano Carolei e Francesco Vulcano. 

Montemurro ha spiegato al sostituto procuratore della Dda di Catanzaro che dopo l’arresto di Maurizio Rango, avvenuto alla fine del mese di novembre del 2014, la presunta associazione mafiosa era retta da Cosimo Bevilacqua al quale si rivolse per continuare ad organizzare la società per la sicurezza nei locali cosentini e non che, come detto, portava reddito “sporco” alle cosche confederate. «Fu Stefano Carolei a portarmi a casa di Cosimo Bevilacqua, che tenevo costantemente aggiornato sulle vicende che interessano l’assunzione dei buttafuori nelle varie discoteche e bar notturni di Cosenza e Rende».

Montemurro è stato condannato in abbreviato e al pm Bruni ha spiegato che le estorsioni avvenivano quando l’agenzia si presentava dal proprietario del clan, imponendo il numero dei bodyguard e il relativo prezzo più l’iva. «Lasciatemi passare il termine, abbiamo fatto le estorsioni legalizzate. Al termine di ogni servizio emettevamo le fatture attraverso le varie società a noi riconducibili per evitare di incorrere nel penale, visto che non abbiamo mai versato l’Iva». Tra i capi d’accusa vi è quello relativo a una presunta estorsione avvenuta ai danni di un bar. Per la Dda sarebbe stato Vulcano a “pressare” il titolare che tuttavia dopo aver pagato per diversi mesi a causa delle precarie condizioni economiche chiuse il locale, mandando le ultime somme “dovute” attraverso un dipendente della società di Montemurro. 

Sempre il pentito ha dichiarato di non conoscere fatti relativi al narcotraffico in cui sarebbe coinvolto Carolei. Una volta terminato l’esame di Montemurro, la difesa di Carolei ha portato in aula la mamma che ha spiegato di non aver mai accettato la relazione sentimentale del figlio con una ragazza legata a una delle famiglie “rom” di via Popilia. Terminata la storia, la famiglia e lo stesso imputato avrebbero ricevuto delle pressioni e minacce. L’attività difensiva porta a ritenere che la macchina incendiata sotto casa di Carolei, che in realtà era di proprietà di un ragazzo di Fagnano Castello, è da ricondurre in questa direzione. I pentiti, infatti, hanno dichiarato che l’intimidazione fu fatta a Carolei perché quest’ultimo non voleva spacciare per il clan Rango-zingari.

Il collegio difensivo è composto, tra gli altri, dagli avvocati Antonio Quintieri, Antonio Ingrosso, Brunella Granata, Andrea Sarro, Maurizio Nucci e Antonio Sanvito. Il Comune di Cosenza e la Provincia di Cosenza, costituitesi parti ciivili, sono rappresentate dai legali Emilio Lirangi e Carmelo Bozzo. Infine, una curiosità: Daniele Lamanna ha revocato il mandato fiduciario all’avvocato Caterina De Luca, nominando quale difensore di fiducia l’avvocato Maria Di Cesare del foro di Napoli, oggi presente nel sito riservato. (Antonio Alizzi)

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