Analisi tattica: è un Cosenza ancora sperimentale

di Gianluca Gagliardi*
Il consolidato 4-3-3 del tecnico amaranto Zeman ha avuto la meglio sullo sperimentale 4-2-3-1 ideato da Stefano De Angelis.

Una Reggina umile, determinata e concentrata strappa un punto meritato ad un Cosenza ancora in fase di assestamento.

Da un punto di vista puramente tattico, potremmo semplicemente dire che il consolidato 4-3-3 del tecnico amaranto ha avuto la meglio sullo sperimentale 4-2-3-1 ideato da De Angelis.

Ma poiché ritengo che non siano i moduli o i numeri a far vincere o perdere una squadra, vado a sottolineare quelle componenti, né tecniche e né tattiche, che possono favorire una squadra, seppure inferiore dal punto di vista tecnico rispetto ad un’altra.

Zeman, nonostante qualche assenza importante, presenta un undici che da subito (vedi aggressione alta in occasione del primo gol) dimostra voglia, o come si suol dire fame, di disputare una partita importante condita da tanta corsa e buona volontà. A ciò si aggiunge una più attenta e concentrata fase di non possesso, senza disdegnare una fase di attacco accompagnata perlopiù dai tre centrocampisti, bravi in entrambi le fasi.

Proprio Il centrocampo ritengo sia stato il reparto dove il Cosenza abbia sofferto maggiormente data l’inferiorità numerica, quindi l’aggressività dei reggini in fase di possesso e gli attacchi centrali degli stessi in fase di non possesso.

Di certo non si può non tenere conto che il gol del vantaggio, generato dopo soli 5’ da un inopinato passaggio in orizzontale di Blondet verso un compagno di spalle all’avversario in pressione (Caccetta) e da una conseguente amnesia del capitano rossoblù, abbia dato maggiore fiducia agli ospiti e messo la partita in salita per i padroni di casa.

Un’ulteriore prova di quanto detto la si ha qualche giro d’orologio più tardi, quando un altro errato retropassaggio dell’ottimo Calamai non premia per poco l’aggressione portata dagli amaranto con Porcino. L’esterno poi è fermato sul più bello da un miracoloso e disperato intervento di D’Orazio.

Il Cosenza ha scelto il fraseggio palla a terra per portare pericoli alla concentratissima (ieri!) difesa ospite, che nelle gare precedenti era andata spesso in sofferenza se presa in velocità e in profondità con palle a scavalcare la “distratta” retroguardia.

Probabilmente, più per caratteristiche che per abitudine al ruolo, la partita ha messo in evidenza le difficoltà dei due centrocampisti centrali dei Lupi, Caccetta in particolare, quando si trattava di costruire!

Ritengo i due giocatori degli ottimi interni di centrocampo seppur con caratteristiche diverse. Caccetta è bravo nel comandare e trascinare la fase di pressing oltre a possedere un’innata capacita di inserimento senza palla impreziosita dal fiuto del gol. Calamai è più geometrico e lineare nei passaggi grazie ad una tecnica individuale maggiore ed è dotato di un ottimo calcio dalla distanza. Entrambi non hanno ancora quelle caratteristiche richieste a chi giostra davanti alla difesa, vale a dire gioco a due tocchi, visione periferica, lettura in fase di non possesso e la corretta postura per una giusta ricezione della palla.

De Angelis si augurava sicuramente una partenza diversa e magari il vantaggio a proprio favore in modo tale da poter sfruttare i successivi spazi che la Reggina avrebbe concesso. In questo modo, magari, avrebbe fatto rifiatare quei giocatori (Letizia e Mendicino su tutti) che non hanno ancora i 90 min nelle gambe.

Il Cosenza ha cercato il pari a fatica più con iniziative individuali legate all’inventiva di Cavallaro e Letizia che con un rapido giro palla o che con il gioco di squadra. Il meritato 1-1 arriva da una palla inattiva e in seguito ad una mischia in area. Addirittura i rossoblù avrebbero potuto chiudere in vantaggio il primo tempo nell’unica occasione nella quale Calamai pennella un calibrato lancio a scavalcare la linea difensiva (un caso?) e trova Statella. L’esterno, solo al centro, è bravo a tagliare eludendo il fuorigioco degli ospiti.

L’inizio del secondo tempo ha visto sorprendentemente una Reggina più brillante e con più gamba rispetto ad un Cosenza che dava l’impressione di voler far sfogare gli ospiti per poi prendere il comando del gioco. Il nuovo vantaggio degli uomini di Zeman ha tuttavia complicato i piani dei padroni di casa, costretti a rincorrere ma con le energie che lentamente venivano meno.

Un maggiore equilibrio tra i reparti e una più semplice ricerca del gioco, magari con qualche tocco in meno e passaggi più in verticale che in orizzontale, avrebbero potuto creare maggiori problemi ai reggini.

Gli amaranto hanno avuto il merito di non disunirsi mai e sfruttare l’enorme mole di lavoro svolto dalle due mezzali, brave ad accorciare in fase difensiva e allungare in quella offensiva in modo da consentire alla squadra di recuperare e creare qualche pericolo. L’esempio sono i due tiri effettuati dalla distanza da parte del danese Knudsen.

Da un’ennesima iniziativa di Cavallaro, nel frattempo spostato a destra con Statella dalla parte opposta, nasce un cross senza pretese che la statica difesa reggina trasforma in occasione per il pari. Bravo D’Orazio a crederci e a sfruttare l’errore da matita rossa del neo entrato amaranto Tripicchio, fermo e di spalle all’avversario.

Sicuramente il 2-2 è giusto, ma allo stesso tempo scontenta tutti con enormi rimpianti per quello che poteva essere e non è stato.
*Gianluca Gagliardi, ex allenatore di Cosenza e Triestina

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