Scandalo Calabria Verde, tangente di 20mila euro consegnata alla dirigente Caruso

E’ un risultato investigativo importante, quello raggiunto dalla procura di Castrovillari, in merito al caso di presunta concussione tra una dirigente di Calabria Verde e un imprenditore boschivo della Sila Cosentina. Un’indagine che certifica ancora una volta il sistema di corruzione in Calabria tra pubblico e privato. 

L’inchiesta condotta dai carabinieri Forestale del Raggruppamento Parco Sila, coordinata dal procuratore capo Eugenio Facciolla, è stata portata avanti con grande tempismo dagli investigatori che nel momento in cui hanno intercettato una busta bianca sospetta, consegnata dall’imprenditore Antonio Spadafora alla dirigente responsabile delle Guardie Giurate Particolari presso Calabria Verde, Antonietta Caruso. E’ il 2 ottobre del 2017 e i due si trovano al bivio di Fossiata-Pettina Scura nel comune di Longobucco: l’uomo è al voltante di un fuoristrada di colore grigio proveniente da San Giovanni in Fiore, mentre la donna guida una Mercedes classe A e proviene dalla strada che conduce a Camigliatello Silano.

Dopo un breve colloquio e la visione di alcuni documenti, l’uomo consegna una busta bianca alla dirigente. Fatto filmato con una fotocamera dei carabinieri Forestale che immediatamente seguono l’indagata e la fermano a un posto di blocco di controllo predisposto sulla Strada Statale 177.

In questa fase gli investigatori notano all’interno della borsa la busta bianca sospesa, ma è la stessa donna spontaneamente a riferire che all’interno vi sono 13mila euro in contanti, giustificandoli quali soldi donati dalla madre per effettuare un bonifico bancario presso l’ufficio postale di Camigliatello Silano.

Così i due militari dell’Arma conducono Antonietta Caruso presso il comando Stazione Cava di Melis e si accorgono che la somma totale contenuta nella busta bianca non è di 13mila, bensì di 20mila euro.

Nello stesso giorno, la procura di Castrovillari chiede un decreto di intercettazioni urgente al gip competente, che lo firma nell’immediato, dando la possibilità ai carabinieri Forestale di ascoltare la prima conversazione agli atti dell’inchiesta, che riguarda la donna e suo fratello, il quale apprende dalla sorella che i carabinieri le hanno trovato i “soldi di mamma” e che ora servirà una dichiarazione della madre per giustificare il tutto.

L’indagine, tuttavia, prende la strada giusta quando gli investigatori hanno la fortuna di intercettare i messaggi di Antonio Spadafora indirizzati ad Antonietta Caruso. Quest’ultima capisce che deve modificare il suo comportamento e linguaggio telefonico, tanto che l’imprenditore si lamenta del fatto che la donna non risponde più al telefono. I messaggi erano di questo tenore: «“dott mi hai chiesto ventimila euro e te li ho dati ma i lotti boschivi ancora non me li hai sbroccato, sono arrabbiato perché non mi ai titto sapere nulla”» e «“non mi rispondi più al telefono sono due cento volte che ti chiamo ed e sempre tim fatti sentire e urgente o dammi un appuntamento”». Così il messaggio testuale del 26 ottobre 2017. Spadafora rimanda un messaggio dello stesso tono il 7 novembre del 2017, nel quale entra in scena anche Salvatore Procopio, per il quale gli investigatori avviano un’attività di intercettazione all’interno dell’ufficio di San Giovanni in Fiore.

Qualche giorno più tardi, precisamente l’11 novembre del 2017, Procopio riceve un messaggio via Whatsapp della Caruso: «Le chiedo umilmente perdono per non essere riuscita ad incontrarla, ma ho avuto problemi in Tribunale ne parliamo al più presto». Procopio, accusato di aver promesso all’imprenditore di aiutarlo illecitamente per sbloccare la pratica, riferisce a Spadafora che il telefono della Caruso probabilmente è sotto controllo, ma che avrebbe fatto in modo di sbloccare ugualmente la situazione.

 

L’inchiesta decolla definitivamente quando la Dda di Catanzaro arresta Antonio Spadafora con l’accusa di associazione mafiosa. Si tratta dell’operazione “Stige” e riguardava il clan Farao-Marincola di Cirò Marina. Subito dopo Antonietta Caruso si presenta dai carabinieri Forestale per rendere una deposizione spontanea, spiegando tutti i suoi compiti e giustificandosi dei rapporti con lo stesso Spadafora. Nulla però che avesse una rilevanza investigativa.

In carcere, però, è lo stesso Antonio Spadafora ad inguaiare la dirigente di Calabria Verde, dichiarando di averla conosciuta tramite Salvatore Procopio e che sarebbe stata lei a proporgli il suo interessamento al fine di sbloccare i tagli in questione, dietro corresponsione di 20mila euro. Spadafora riferì alla procura di Castrovillari di aver accettato, ritenendo che il completamento di quel lavoro, a fronte del quale aveva già anticipato una somma di denaro considerevole, avrebbe potuto portare all’azienda di famiglia buone entrate economiche. I lavori in questione risalivano al 2009, anno in cui erano iniziati.

Il gip del tribunale di Castrovillari, Carmen Ciarcia ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari per Antonietta Caruso e Salvatore Procopio, mentre Spadafora rimane indagato a piede libero.

PARLA FACCIOLLA. «Questa inchiesta mette il dito nella piaga del problema collegata alla gestione dei tagli dei boschi e forse anche agli incendi boschivi estivi», ha detto Eugenio Facciolla, procuratore di Castrovillari. «L’imprenditore Spadafora si era già aggiudicato gli appalti – ha precisato Facciolla – ma quando sono iniziati, i lavori sono stati subito bloccati ed è stato avvicinato per far sì che si potessero sbloccare i tagli boschivi. C’e’ un problema culturale di mancanza di rispetto del territorio, ma c’è anche un problema di crisi a livello politico e istituzionale, – ha detto Facciolla – è ora che ci si svegli e che si capisca che si deve rimuovere, sospendere, spostare altrove chi rimane nelle maglie della giustizia«. (Antonio Alizzi)

 

Condividi
Impostazioni privacy
Privacy e termini di Google