Le accuse «generiche» e «prive di riscontri» del collaboratore Adolfo Foggetti su Antonio Scarpelli

Oltre agli accertamenti investigativi della Guardia di Finanza, grazie all’acquisizione di determine di Palazzo dei Bruzi, l’inchiesta sui cosiddetti “appalti spezzatino” ha trattato anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Adolfo Foggetti, pentitosi nel dicembre del 2014, mese in cui fece ritrovare il corpo di Luca Bruni, in una zona periferica del comune di Castrolibero.

Il collaboratore, ex “reggente” del clan “Rango-zingari” di Cosenza, che operava anche nel tirreno cosentino, ha parlato della sua conoscenza con Antonio Scarpelli, imprenditore e legale rappresentante di Med Labor, una delle ditte finite al centro dell’indagine, coordinata all’epoca dal procuratore aggiunto Marisa Manzini. Ascoltato in udienza dal tribunale di Cosenza, secondo i giudici lo stesso non ha fornito alcun elemento utile al fine di corroborare l’ipotesi accusatoria. Le sue dichiarazioni erano state fatte nei 180 giorni alla Dda di Catanzaro e una parte di esse sono state utilizzate nel processo “appalti spezzatino”.

Processo “appalti spezzatino”, le accuse senza riscontri di Adolfo Foggetti

Secondo il presidente del collegio giudicante, Carmen Ciarcia (giudici a latere Iole Vigna e Stefania Antico), le parole proferite in aula da Adolfo Foggetti, il 26 novembre del 2020, «risultano caratterizzate da assoluta genericità, non fornendo elementi di riscontro individualizzante rispetto ai dirigenti di settore e ai responsabili del procedimento, attuali imputati, o alle specifiche condotte descritte nei singoli capi d’imputazione».

Ma cosa aveva detto Adolfo Foggetti ai magistrati antimafia di Catanzaro? Aveva riferito dei presunti rapporti illeciti tra la sua cosca e Antonio Scarpelli. Circostanza ribadita anche in udienza, come ha evidenziato il tribunale di Cosenza. «Il collaboratore di giustizia Adolfo Foggetti ha dichiarato di aver conosciuto Antonio Scarpelli (il quale riforniva di cocaina la cosca Rango-zingari, per la quale, nel periodo 2012-2014 egli fu il “reggente” di Paola) e di aver direttamente appreso dall’imputato che “faceva l’illuminazione a Cosenza” e che per l’affidamento degli appalti godeva dell’appoggio di un dipendente dell’amministrazione comunale, Carmine Potestio, con il quale, poi, Scarpelli si sdebitava» si legge nelle motivazioni della sentenza.

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«Della figura di Potestio gli aveva anche parlato Rinaldo Gentile (“zio Rinaldo Gentile”, affiliato della cosca “Lanzino” di Cosenza), il quale, unitamente a Umberto Di Puppo, altro esponente della criminalità cosentina, aveva affermato che Potestio poteva favorire, o meglio, far lavorare gli imprenditori “amici”, ossia quelli che pagavano l’estorsione». «Dello stesso tenore erano le notizie che aveva appreso circa un altro imprenditore, Antonio Amato. A detta di Gentile anche costui era favorito da Potestio», posizione mai entrato nel processo, «nell’affidamento di lavori per l’amministrazione comunale. Tali conoscenze di Foggetti si fermavano a novembre del 2014, epoca nella quale era stato tratto in arresto», a seguito della maxi operazione antimafia “Nuova Famiglia”.

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