TELA DEL RAGNO | Dall’omicidio di Giovanni Serpa alla scomparsa di Rolando Siciliano: ricostruita la guerra di mafia nel Tirreno cosentino

Sono 432 le pagine che formano la sentenza di primo grado emessa dalla Corte d’Assise di Cosenza in relazione alla guerra di mafia avvenuta nel Tirreno cosentino, iniziata con il delitto di Giovanni Serpa e finita con il caso di lupara bianca di Rolando Siciliano, scomparso nel 2004. Il giudice relatore Francesca De Vuono ha ricostruito tutta l’istruttoria dibattimentale che ha portato alla condanna di undici imputati alla pena dell’ergastolo. 

L’inchiesta “Tela del Ragno” è l’ultima indagine antimafia condotta dall’attuale procuratore capo di Castrovillari Eugenio Facciolla che dopo anni di permanenza alla Dda di Catanzaro, è stato promosso dal plenum del Csm. Il magistrato cosentino ha seguito sia la fase delle indagini sia i processi di primo grado, divisi tra abbreviato e ordinario tra Paola, Catanzaro e Cosenza.

Il processo in Corte d’Assise di Cosenza è durato quasi cinque anni, nel corso dei quali sono stati sentiti numerosi testimoni e soprattutto diversi collaboratori di giustizia.

Il contesto in cui maturano tutti gli omicidi è ovviamente di stampo mafioso. Delitti eccellenti e non solo. A scontrarsi sono le cosche del Tirreno cosentino, e più precisamente di coloro i quali controllano i territori di Amantea, San Lucido, Paola e Fuscaldo.

GLI OMICIDI E I TENTATI OMICIDI. La premessa del giudice relatore Francesca De Vuono inizia proprio dall’assassinio di Giovanni Serpa. La vittima, padre di Mario Serpa, fu ammazzata a Paola l’11 settembre del 1979 a causa degli scontri tra i vari clan che iniziavano ad essere molto tesi. Guerra di mafia inserita anche in altri processi, quali “Serpa 1”, “Garden” e “Missing”. Guerra di mafia che ha interessato Cosenza e dintorni attraverso i conflitti insorti tra i gruppi “Pino-Sena” («alleata sulla costa tirrenica con quella “Muto” di Cetraro e quella “Basile-Calvano” di San Lucido) e quella “Perna-Pranno-Vitelli” (alleata con i “Serpa” di Paola e gli “Africano-Gentile” di Amantea).

All’inizio degli anni ’90 scoppia una faida all’interno della consorteria poc’anzi menzionata: muore Ennio Serpa e si concretizzano i tentati omicidi di Giuliano Serpa e Pietro Serpa. Nella parte finale degli anni ’90, con la ricomposizione delle cosche cosentine e l’attività criminale di alcuni personaggi quali Ettore Lanzino e Domenico Cicero, nel Tirreno cosentino, a cascata, vengono create nuove “reggenze”. A Paola vi è l’ascesa di Mario Scofano, «ponendo in secondo piano la storica famiglia Serpa; Carbone Sergio in San Lucido; Gentile Tommaso e Besaldo Pasqualino in Amantea».

Era giunto il momento di unirsi, dando seguito al progetto dei cosentini, ma a Paola la situazione subì una frenata nel momento in cui «l’operatività del gruppo incontrava una resistenza nella nascente cosca capeggiata da Imbroinise Salvatore, il quale, profittando del vuoto lasciato dalle consorterie storiche in occasione di alcuni arresti, aveva organizzato sotto di sé dei giovani ed aveva iniziato ad estendere il proprio raggio di azione criminale nei confronti degli imprenditori paolani».

In meno di un anno avvengono due omicidi: quello di Carmine Chianello (23 giugno del 1999) e quello di Salvatore Imbroinise (13 marzo del 2000). Omicidi che consentono di cancellare il gruppo criminale antagonista.

La storia criminale prosegue con il tentato omicidio nei confronti di Francesco Tundis. «La consorteria facente capo a Mario Scofano» voleva eliminarlo perché «oltre ad essere ritenuto criminalmente vicino ai Calvano di San Lucido, aveva tentato di consumare un’estorsione» ai danni di una famiglia «criminalmente legata, tra gli altri, a Luciano Martello».

I processi dimostrano che Guerino Serpa voleva riprendere in mano la cosca e inviò messaggi a Paola, dicendo ai suoi di staccarsi da Mario Scofano e unirsi a Giuliano Serpa. Da qui nasce l’alleanza criminale con i Bruni di Cosenza, con Francesco Tundis e Pasqualino Besaldo.

La spaccatura criminale, tuttavia, porta al tentato omicidio di Giancarlo Gravina (verificatosi a Paola il 19 dicembre del 2002), agli omicidi di Pietro Serpa (27 maggio del 2003) e Luciano Martello, consumatori a Fuscaldo il 12 luglio del 2003 – di cui ci occuperemo in un secondo momento – al tentato omicidio di Gennaro Ditto, al secondo tentato omicidio di Giancarlo Gravina e infine alla sparizione di Rolando Siciliano, 20 maggio del 2004.

Le ultime circostanza si legano tra loro: dopo il delitto di Pietro Serpa, i componenti della presunta cosca decidono di reagire, uccidendo (o tentando di farlo) coloro i quali erano ritenuti responsabili dell’omicidio: da Luciano Martello, presunto mandante, a Gennaro Ditto, da Rolando Siciliano a Salvatore Valerio Crivello.

Le indagini si sono svolte in un clima di omertà. Così scrive la Corte d’Assise di Cosenza. «A conferma del corretto inquadramento delle vicende in contestazione in un contesto associativo di tipo mafioso, non può farsi a meno di sottolineare quante difficoltà abbiano incontrato le forze dell’ordine nel corso delle indagini relative alle vicende in esame, in considerazione del generalizzato clima di reticenza ed omertà che è emerso avere permeato il contesto socio-criminale in cui sono maturati i fatti criminosi». Eventi delittuosi ricostruiti anche grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia – ritenuti complessivamente «attendibili» – ma soprattutto per l’imponente attività tecnica, dalle intercettazioni ambientali a quelle telefoniche, messa in atto dai carabinieri del Ros. (Antonio Alizzi)

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