Altra azione dimostrativa per rivendicare i propri diritti da parte dei contadini che tenevano il mercato a Via Asmara, a Cosenza, prima che con una delibera della giunta Occhiuto si desse il via ad una riorganizzazione del mercato alimentare giornaliero. Il tutto anche sulla scorta di un parere di fondo: quell’area non era considerata sicura. Ieri, sostenuti dagli attivisti de “La Base” hanno varcato i cancelli del Comune ribadendo di essere stati abbandonati al proprio destino. Hanno incontrato l’assessore all’Artigianato, al Commercio e alle Politiche Produttive Massimiliano Battaglia le cui proposte sono state ritenute irricevibili e tendenti alla periferizzazione.
Questa mattina, allora, supportati dai sindacalisti dell’USB (l’Unione Sindacale di Base) si sono diretti laddove una volta esponevano i prodotti dei loro orti e dei loro campi. Con dei banchetti piazzati forzatamente hanno “riaperto” quel mercato a Via Asmara che per tanti anni li ha visti protagonisti nel cuore di Cosenza e che, considerato l’afflusso di clienti dalle prime ore della giornata, in molti aspettavano che riaprisse. Lo striscione esposto racchiude il motivo della protesta “Chiediamo solo di lavorare – area mercatale subito”.
La richiesta nasce dal fatto che nel 2020 fa l’area di via Francesco Principe, già via Asmara, fu chiusa per questioni di sicurezza e dopo diverse proteste il mercato fu spostato nel centro storico all’Arenella. Soluzione che per i contadini non fu risolutiva perché «impraticabile per le dimensioni». I contadini chiedono un incontro con il sindaco di Cosenza Franz Caruso «per valutare aree alternative a quella di via Asmara purché abbiano i requisiti idonei per partecipare al mercato agroalimentare giornaliero».
«Rappresenta un fiore all’occhiello per la nostra area urbana – dichiarano i sindacalisti dell’USB -. E’ una pratica alternativa, insieme ad altre virtuose esperienze presenti in città, al sistema della grande distribuzione, che in tutta Europa viene sostenuta, incentivata e valorizzata ma che a queste latitudini è osteggiata. La chiusura in assenza di valide e dignitose alternative colpisce decine di famiglie, impossibilitate a vendere i frutti della propria terra e già in ginocchio a causa del carovita».