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Omicidio di Luca Bruni, Luigi e Marco Abbruzzese in appello. Come si riparte

A giugno il processo di secondo grado contro i due presunti esponenti del clan degli "zingari" che in primo grado erano stati assolti dall'accusa più grave

Omicidio di Luca Bruni, Luigi e Marco Abbruzzese in appello. Come si riparte

Omicidio di Luca Bruni, parte quinta. Il filone investigativo sul delitto di mafia dell’ultima figura carismatica della famiglia “Bella bella” di Cosenza, vivrà un nuovo giudizio di merito nel mese di giugno. È stata fissata infatti la data in cui la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro valuterà il ricorso presentato dalla Dda di Catanzaro relativamente alle posizioni di Luigi e Marco Abbruzzese, ritenuti dai pm antimafia ai vertici della presunta cosca di ‘ndrangheta dei “Banana“, famiglia legata al più noto clan degli “zingari” di Cosenza.

Nel processo di primo grado, svoltosi davanti alla Corte d’Assise di Cosenza, i due imputati erano stati giudicati non colpevoli del reato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dal metodo mafioso, mentre solo Marco Abbruzzese era stato condannato a 4 anni e 6 mesi per occultamento di cadavere. Il pm Vito Valerio sosteneva all’epoca che i due fratelli avessero partecipato alle riunione preparatorie dell’assassinio di mafia deliberato da Franco Bruzzese e avallato da Maurizio Rango. Noti anche gli esecutori materiali, Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti.

La Corte d’Assise di Cosenza, presieduta allora dal presidente Paola Lucente, sosteneva che i due imputati non avevano alcun interesse ad uccidere Luca Bruni. Una motivazione che comprendeva l’analisi delle dichiarazioni rese in udienza dai collaboratore di giustizia sentiti durante l’istruttoria dibattimentale. «Il movente dell’omicidio – si leggeva nella sentenza di primo grado – è articolato e risiede in convergenti necessità: da un lato evitare che Luca Bruni si ponesse al vertice della cosca omonima, apparendo unica voce dissonante rispetto alla volontà di creare una sorta di confederazione tra i gruppi criminali cosentini con conseguente ripartizione dei proventi illeciti; dall’altro, scongiurare il rischio supposto che lo stesso Luca Bruni potesse avviare una collaborazione con la giustizia». Ciò che non convinse i giudici togati e popolari era stato il racconto di Franco Bruzzese, quattro versioni non convergenti, dal 2016 al 2018.

Nel ricorso presentato alla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, la Dda ha evidenziato invece le parti che i giudici cosentini non avevano valorizzato, a cominciare da quello che aveva detto nel processo Daniele Lamanna, condannato a 10 anni per questo reato. Per la Corte d’Assise il killer di Luca Bruni non era credibile in quanto avrebbe sofferto di «un deficit di credibilità specifica contro i due imputati, che mal tollera». Una tesi ribaltata dal pm Vito Valerio, il quale ha ritenuto erroneo dare questo senso alle parole di Lamanna, «laddove confonde le ragioni che lo distanziavano dall’idea di confederarsi criminalmente con gli “zingari-banana” con un preteso astio personale nei confronti degli imputati».

Per la Dda di Catanzaro, quindi, «le affermazioni di Daniele Lamanna sono chiare, precise, coerenti e lucidissime: sono così genuine e spontanee che non nascondono (anzi la spiegano) la sua “diffidenza criminale” rispetto al gruppo dei Banana». Concetto di inattendibilità ribaltato anche nei confronti di Franco Bruzzese. «È ritenuto inattendibile dalla Corte per essere, ad avviso del giudicante, sostanzialmente poco affidabile nello specificare chi era presente e quando ovvero altalenante nell’indicare la presenza di un solo, due o tre dei fratelli Banana». E ancora: «Questa apparente oscillazione si risolve molto semplicemente in una progressiva specificazione, ovvero la lettura dei verbali in ordine cronologico, da dove si coglie “sic et simpliciter” una graduale precisazione della partecipazione degli imputati Luigi e Marco Abbruzzese all’organizzazione dell’omicidio».

L’ufficio inquirente, coordinato dal procuratore capo Nicola Gratteri, chiederà verosimilmente la condanna dei due imputati, concludendo così. «Appare rovinoso l’assunto per cui la presenza degli imputati alle riunioni deliberative dell’omicidio sia fatto neutro ed il loro gesto di approvazione manifestato in quella sede irrilevante sul piano causale, allorché, trattandosi (gli imputati) di meri affiliati non di vertice (dato peraltro sconfessato dai dichiaranti che individuano Luigi Abbruzzese il “reggente in libertà del gruppo Banana”, non ha inciso sul processo decisionale». Marco e Luigi Abbruzzese sono difesi dagli avvocati Cesare Badolato e Antonio Sanvito.

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