lunedì,Maggio 13 2024

Guarascio, la fortuna e gli errori di cui fare tesoro

Non dimenticherò mai la notte appena trascorsa. Perché, anche quando cerchi il distacco professionale, se ce l’hai dentro… ce l’hai dentro. Un conto è tenere la penna in mano, un conto la bandiera. Ho cercato, per quanto possibile, di non mischiare mai le due cose. Per me stesso, ma principalmente per chi mi legge. Il

Guarascio, la fortuna e gli errori di cui fare tesoro

Non dimenticherò mai la notte appena trascorsa. Perché, anche quando cerchi il distacco professionale, se ce l’hai dentro… ce l’hai dentro. Un conto è tenere la penna in mano, un conto la bandiera. Ho cercato, per quanto possibile, di non mischiare mai le due cose. Per me stesso, ma principalmente per chi mi legge. Il problema si pone in serate come quelle di ieri perché, in fondo, se da bambino non mi fossi innamorato dei Lupi quando papà mi portava sulle sue spalle in Tribuna A, oggi non svolgerei questa professione. Ho vibrato, imprecato, esultato. Non ho problemi a dirlo, perché dietro ogni articolo c’è passione, mica un pezzo di ghiaccio. So bene qual è il confine da non superare per evitare cortocircuiti professionali. Opinionisti improvvisati e caricature come quelle del “giornalista-tifoso” faranno click e audience, ma non appartengo a questa schiera. Vanno di moda e spesso inducono dirigenti e tesserati a pensare che una critica sia lesa maestà. Perché mai?

Il momento più difficile di questa stagione, professionalmente parlando, l’ho vissuto il 2 settembre alle ore 22 circa. Nell’ultima diretta Facebook sul calciomercato estivo comunicammo che il Cosenza non era riuscito ad ingaggiare un attaccante, anzi ne aveva trattato nell’ultima ora tre o quattro per mettere una pezza. Ricordo che quel live fu seguito come nessun altro. C’era gente incazzata veramente. Mi colpì un commento: “Mamma che volto che hai, sei nero” scrisse un utente. Non avevo pensato minimamente che la mimica facciale potesse mostrarmi con una sciarpa al collo, che invece preferisco sempre conservare in camera. In quel momento, mio malgrado, venne fuori tutta la mia delusione. Ritengo sia stato un errore, perché serviva sangue freddo nel comunicare quanto avevo da dire. Lo feci tutto d’un fiato senza respirare. Un paio di minuti mi sembrarono lunghi un’ora.

Parto da quel frangente per evidenziare un aspetto. Guarascio avrà sì culo infinito come tutti, in fondo, pensiamo, ma 22 punti su 30 si conquistano solo se qualcuno è bravo davvero. Roberto Occhiuzzi è l’uomo del momento. Non me ne voglia se svelo una piccola conversazione privata avuta nel lockdown. Mi disse che si sentiva pronto e che non avvertiva il peso della sfida. «Antò, ho le mie idee, ritengo possano essere funzionali». Mi parlò di una squadra frizzante e in grado di dominare in fase di possesso e indirizzare il match quando gli altri avevano la palla. «Robè, ma parli del Cosenza?» gli risposi. E’ stato di parola su tutto: non ha avvertito la pressione, ha divertito, si è salvato. La sua riconferma è scontata, meglio se con un progetto a monte che ne valorizzi la freschezza concettuale.

Progetto è la parola che non è mai esistita sotto la gestione del presidente Guarascio. Oggi, dopo la sbornia salvezza, farebbe bene a ricercarla sul vocabolario. Perché se pensa che il gol di Garritano abbia messo la polvere sotto il tappeto, è fuori strada. Se c’era qualcosa da sbagliare, lui l’ha sbagliata. La speranza è che abbia fatto tesoro degli scivoloni ripetuti, alcuni anche grotteschi a dire il vero. Il mio pensiero sul suo conto l’ho ribadito di recente in televisione. Non voglio che vada via perché lo considero una risorsa valida per un club. Ritengo altresì che non si sia mai sintonizzato sulla frequenza del calcio e men che meno su quella dei tifosi rossoblù. Pagare gli stipendi e tenere i conti in ordine è la normalità delle cose, lo fanno migliaia di imprenditori senza vantarsene un giorno sì e l’altro pure. E’ un punto (importante) a suo favore, ma che non può coprire la mancanza di orizzonte. La vittoria più grande di Cosenza, dove pongo sullo stesso piano il pubblico e la stampa, sarà un’altra: convincerlo che le ambizioni vanno alimentate, cullate e coccolate. Magari anche con la presentazione della squadra, senza il Daspo ad un fan che ti manda a quel paese e con qualche fastidiosa ovvietà in meno sbandierata a destra o a manca. Se Guarascio capirà il discorso e volterà pagina, stagioni maledette come questa appena conclusa saranno solo un lontano ricordo. Nel mentre, sappia che esistono anche giornalisti-tifosi diversi dalle caricature che gli piacciono. Lo criticheranno sempre se riterranno che sia in errore. Per amore della verità e del… Cosenza.