giovedì,Marzo 28 2024

Carcere duro per Maurizio Rango, una sentenza cambia il 41bis

Maurizio Rango, ora al 41bis, aveva presentato ricorso contro il carcere duro. La Cassazione gli dà ragione: «Lettera F incostituzionale».

Carcere duro per Maurizio Rango, una sentenza cambia il 41bis

Il 7 ottobre scorso la prima sezione penale della Cassazione ha rigettato il ricorso della procura generale di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, del ministero della Giustizia e del DAP (Dipartimento amministrativo Penitenziario) avverso la sentenza del magistrato di sorveglianza di Sassari, il quale aveva dato ragione a Maurizio Rango, condannato in via definitiva alla pena dell’ergastolo per associazione mafiosa e per l’omicidio di Luca Bruni, che riteneva incostituzionale l’articolo 41bis, comma 2 quater, lettera F, dell’ordinamento penitenziario. 

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Maurizio Rango

La citata norma, infatti, prevedeva che «la limitazione della permanenza all’aperto, che non può svolgersi in gruppi superiori a quattro persone, ad una durata non superiore a due ore al giorno fermo restando il limite minimo di cui al primo comma dell’articolo 10. Saranno inoltre adottate tutte le necessarie misure di sicurezza, anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, scambiare oggetti e cuocere cibi». 

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati i ricorsi, ricordando che sul punto si era espressa la Corte Costituzionale il 22 maggio 2020 con la sentenza n. 97, che dichiara l’illegittimità incostituzionale della norma. 

Cosa dice la Cassazione

La prima sezione penale, quindi, si è richiamata alla Corte Costituzionale che, nella sentenza, evidenziava «che la compressione “della possibilità di scambiare oggetti con gli altri detenuti del medesimo gruppo – espressione, questa, di una pur minimale facoltà di socializzazione – e la conseguente deroga all’applicazione delle regole ordinarie, potrebbe giustificarsi non in via generale e astratta, ma solo se esista, nelle specifiche condizioni date, la necessità in concreto di garantire la sicurezza dei cittadini, e la motivata esigenza di prevenire – come recita l’art. 41-bis, comma 2-quater, lettera a), ordin. penit. – contatti con l’organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento, contrasti con elementi di organizzazioni criminali contrapposte, interazione con altri detenuti o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate”». 

Si evidenziava, al contempo, che «l’applicazione necessaria e generalizzata del divieto di scambiare oggetti anche ai detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità, sconta il limite di essere frutto di un bilanciamento condotto ex ante dal legislatore, a prescindere, perciò, da una verifica in concreto dell’esistenza delle ricordate, specifiche, esigenze di sicurezza, e senza possibilità di adattamenti calibrati sulle peculiarità dei singoli casi». 

Le conclusioni

«L’applicazione di questi principi alla posizione di Maurizio Rango impone conclusivamente il rigetto dei ricorsi proposti dalla Procura generale presso la Corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, dal Ministero della Giustizia e dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, cui non consegue la condanna alle spese, in linea con la giurisprudenza consolidata di questa Corte».

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