«Nicolino Grande Aracri voleva fare un accordo con i mafiosi di Cosenza»

Il boss di Cutro, Nicolino Grande Aracri, voleva creare il “Crimine“, unendo le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone. Le sue presunte intenzioni criminali sono state rivelate dal collaboratore di giustizia Diego Zappia, pentitosi dopo l’omicidio Canale, avvenuto in provincia di Reggio Calabria. Diego Zappia lo aveva dichiarato anni fa ai magistrati della Dda di Catanzaro, i quali hanno riversato il suo verbale anche nella maxi-inchiesta contro la ‘ndrangheta cosentina.

Zappia, infatti, aveva spiegato anche come Michele Di Puppo, “braccio destro” di Francesco Patitucci, in carcere avesse ricevuto la dote della “stella“, elevando quindi il suo potere criminale. Parliamo di un noto esponente della cosca “Lanzino“, operante nel caso di specie nel territorio di Rende. A Michele Di Puppo, la Dda di Catanzaro contesta anche di aver favorito la latitanza del malvivente reggino Francesco Strangio, nascostosi nel comune di Rose, per un breve periodo, al fine di sfuggire a un mandato di cattura emesso dal tribunale di Reggio Calabria.

Arresti a Cosenza, le dichiarazioni di Diego Zappia

«Ribadisco di aver iniziato la collaborazione – dice Diego Zappia – nel mese di settembre dell’anno 2018, a seguito dell’arresto per l’omicidio Canale; mi sono determinato a compiere questa scelta per cambiare in meglio la mia vita e quella dei miei familiari. In precedenza – continua Diego Zappia – sono stato detenuto per il reato di cui all’art. 416 bis, nel processo “Erinni” della Dda di Reggio Calabria, reato per il quale sono stato assolto con formula piena. Di questo delitto mi sono autoaccusato al momento d’inizio della collaborazione, poiché ho sempre fatto parte della famiglia Mazzagatti-Bonarrigo-Polimeni, di Oppido Mamertina. Sono stato battezzato come ‘ndranghetista – prosegue Diego Zappia – da questa famiglia ed ho sempre militato in questa famiglia».

Diego Zappia poi spiega quando è avvenuto il suo “battesimo“. «Risale all’anno 2008-2009, ma nel 2013 fui tratto in arresto nel processo Erinni per il reato associativo e nel frattempo la ‘ndrangheta si era un po’ fermata per gli arresti dei suoi massimi vertici nell’ambito dell’operazione Crimine». E ancora: «Attualmente ho la dote del “trequartino“, ma quest’ultima dote l’ho conseguita in carcere con Michele Di Puppo un detenuto che aveva una dote molto elevata, se non erro fino al Mammasantissima o qualche dote di poco inferiore. La dote del “trequartino” mi venne conferita alla presenza di Capomolla, cugino dei Maiolo».

Diego Zappia spiega com’è articolata la ‘ndrangheta. E rivela le intenzioni di Nicolino Grande Aracri su Cosenza

«La ‘ndrangheta – riferisce Diego Zappia ai magistrati antimafia di Catanzaro – è articolata in tre mandamenti e per ogni dote sono indicati in copiata i nomi dei tre responsabili (che cambiano ogni tre o quattro anni): uno per la Piana o mandamento tirrenico, uno per il mandamento di Reggio centro e uno per il mandamento jonico».

«A Cosenza non c’è un locale di ‘ndrangheta e quindi Michele Di Puppo risponde alla Locale di Rosarno e ha ricevuto le doti nel carcere di Palmi, dai miei compaesani». E precisa: «Questa cosa mi venne detta dallo stesso Michele Di Puppo e confermata da Focà e Capomolla, nonché da Antonio Bognanni chiamato Francesco e Domenico Franzoni, Giuseppe La Rosa d Paola. Ciò non significa – specifica Diego Zappia – che non ci sono ‘ndranghetisti a Cosenza, pur non essendoci un locale affermato di ‘ndrangheta per quanto è a mia conoscenza».

E qui arriva la rivelazione su Nicolino Grande Aracri: «Mi ha detto Michele Di Puppo che Nicolino Grande Aracri aveva intenzione di raccogliere tutti i locali del Catanzarese e del Cosentino vicini a lui per fare un “Crimine“, non so dire se a Cutro o a Cirò».

Arresti a Cosenza, le ambizioni di Di Puppo

Zappia, sollecitato dai pm di Catanzaro, è ancora più chiaro quando si parla dei presunti interessi mafiosi di Michele Di Puppo, per elevare Cosenza e Rende. «Ne aveva già parlato con i rosarnesi quando si trovava ristretto nel carcere di Palmi. Quindi ho pensato che mi abbia conferito questa dote perché voleva affiliarmi per cercare amicizie con persone appartenenti a cosche del Reggino. Di Puppo mi ha detto che gli erano state date delle doti fino alla “Stella” da Michele Oppesidano, nipote del capo “Crimine” e dai Gioffrè detti “Ndoli anche essi ristretti presso il carcere di Palmi con cui Di Puppo aveva fatto un “comparato“; che io sappia era detenuto per associazione mafiosa».

Diego Zappia parla (indirettamente) di Francesco Patitucci: «I rosarnesi, nella persona di Michele Oppedisano, gli avevano detto che quando si sarebbero trovati di nuovo fuori dal carcere, si sarebbe costituita la cupola della ‘ndrangheta e avrebbero aperto il locale a Rende o a Cosenza, con un carissimo amico di Di Puppo che lui mi disse chiamarsi Francesco Patitucci, a sua vita detenuto, poi rimesso in libertà e poi nuovamente arrestato. Mi avevano detto che gli avevano trovato una pistola addosso. Non ho mai conosciuto di persona Francesco Patitucci, ma di lui mi parlò Michele Di Puppo».

Arresti a Cosenza, le ulteriori rivelazioni di Zappia su Cosenza

La Dda di Catanzaro, infine, chiede alcune precisazioni a Diego Zappia, circa le sue conoscenze criminali in provincia di Cosenza. «Di Patitucci – riferendosi a Michele Di Puppo – mi disse che erano grandi amici e che erano insieme nella cosca “Lanzino“, che Patitucci comandava a Cosenza nonostante avessero avuto in precedenza una guerra con gli zingari Abbruzzese di Cosenza». Periodo in realtà molto datato e non attuale, visto che la “guerra di mafia” risale alla fine degli anni ’90 ed inizio del nuovo secolo.

Di Puppo, inoltre, avrebbe detto a Diego Zappia che Patitucci «comandava perché Ettore Lanzino era n carcere; del loro gruppo faceva parte anche il fratello Umberto Di Puppo. Michele Di Puppo non mi ha parlato di omicidi o comunque non lo ricordo. Mi disse che in passato avevano fatto rapine assieme a Patitucci e poi estorsioni su Cosenza». E conclude: «Mi ha parlato – sempre Di Puppo – dei Bella bella ma non dell’omicidio di Luca Bruni. Non mi ha parlato di omicidi del 1986 né mi è stato mai fatto il nome di Porcaro. Io con Di Puppo sono stato in carcere dal 2014 al 2017 e nella stessa cella per 6 o 7 mesi».

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