lunedì,Maggio 20 2024

Omicidio di Lisa Gabriele, il cattivo poliziotto e il colpevole perfetto

Intercettazioni e testimonianze: ecco quali sono gli indizi grazie ai quali la Procura di Cosenza ha chiesto e ottenuto dal gip l'arresto di Maurizio Abate

Omicidio di Lisa Gabriele, il cattivo poliziotto e il colpevole perfetto

Un cattivo poliziotto, con qualche vizio di troppo e la tendenza a essere manesco con le donne. È questo il profilo che diversi testimoni arruolati dalla Procura di Cosenza assegnano a Maurizio Abate, l’ex agente della Stradale arrestato ieri per l’omicidio della ventiduenne Lisa Gabriele datato 7 gennaio 2005. Alle etichette ingloriose che un po’ tutti gli appiccicano addosso, però, ne se aggiunge una ancora più infamante: quella di assassino. Sarà davvero così?

Sospettato della prima ora

Di certo, per ora, c’è che già all’epoca Abate era un sospettato della prima ora per via della relazione turbolenta che intercorreva fra lui e la ragazza, e che diciassette anni dopo è sempre lì, in prima fila, a indossare i panni del colpevole perfetto. Dal 2020 in poi, infatti, cioè da quando la Procura è tornata a indagare su quel delitto mascherato da suicidio, un piccolo esercito di beninformati è venuto allo scoperto per parlare in termini poco lusinghieri di lui. E a puntargli il dito contro non solo parenti e amici della vittima, ma anche i suoi di parenti e amici, nonché gli ex colleghi. A volte in modo anche rancoroso. Ecco allora che «Maurizio usa la cocaina nel caffè al posto dello zucchero», si scola bottiglie di Jack Daniel’s «come fossero d’acqua» ed è talmente fuori di testa da aver lo stesso paio di scarpe per tre volte di fila e nel giro di una settimana. Dati di contesto, utilizzati oggi in chiave d’accusa per inquadrarne la personalità decisamente sopra le righe, ma quali sono invece gli indizi di colpevolezza raccolti contro di lui, quelli che hanno convinto il gip Benigno a spedirlo in cella?

Indizi dal passato

Due vecchie intercettazioni anzitutto, ripescate dall’archivio e risalenti a poco tempo dopo la morte di Lisa. Una è dell’aprile 2005. Convocato in Procura per l’omicidio di tre mesi come persona informata sui fatti, all’uscita Abate incontra suo cugino e gli rivolge un avvertimento: «Sto aspettando una chiamata che sono in mezzo a un guaio, ma se la corda si spezza paghiamo tutti e due». L’altra è di una settimana dopo il delitto. Maurizio contatta un amico che la sera del 6 gennaio ha visto Lisa in un locale notturno e gli chiede il nome il nome di quel pub, lui gli indica il posto e la questione sembra finire lì. Il dialogo passa inosservato agli occhi degli investigatori dell’epoca, ma quindici anni più tardi, i loro successori hanno una folgorazione. In chiusura di quel colloquio, l’amico fa gli auguri ad Abate per il suo matrimonio celebrato il luglio precedente. I due, dunque, non si vedevano né sentivano da mesi, ma come faceva allora il poliziotto a sapere del suo incontro con la Gabriele? A dirglielo, è la conclusione logica, non poteva che essere stata lei.

Si vedevano, non si vedevano

Del resto, che si vedessero ancora, e che si fossero visti anche a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno, è un dato che trova conferme in diverse testimonianze incrociate, il che crea all’indagato quantomeno un imbarazzo. Agli investigatori, infatti, ha sempre ripetuto di aver tagliato i ponti con lei già nel 2004. Sul punto, dunque, è più che probabile che abbia mentito. Lo ha fatto solo per paura di essere coinvolto o perché aveva davvero qualcosa da nascondere? «Vogliono incastrarmi» confiderà in quei giorni concitati a un suo collega, manifestandogli anche il proposito di cambiare telefono. E anche quella sua agitazione di diciassette anni addietro, fatalmente oggi gli si ritorce contro.

I pestaggi subiti da Lisa

Ci sono poi i pestaggi che Lisa ha subito, anch’essi abbastanza documentati. Almeno un paio, sommati ad altri episodi più recenti che immortalano Abate come un soggetto manesco e con la tendenza di afferrare il collo delle malcapitate che entrano in conflitto con lui. Un dato suggestivo, che gli investigatori valorizzano, ma che fa solo da cornice all’inchiesta: Lisa, infatti, sarebbe morta per soffocamento, ma non perché strangolata. E infine il movente: in quel periodo, infatti, si ritiene che il poliziotto avesse un buon motivo per sbarazzarsi di lei.

Un possibile movente

Molti dei testimoni interpellati, raccontano infatti di come quella ragazza di Rose si fosse legata a lui in modo morboso e ossessivo. Neanche il matrimonio con un’altra donna e la paternità di Abate l’avevano fatta desistere dal suo intento. Anzi, si era rafforzato in lei il desiderio di averlo tutto per sé. In più occasioni avrebbe tentato di farlo lasciare con la moglie, mettendo a rischio la sua tranquillità familiare, e tutto questo per il diretto interessato era diventato un problema. «Un problema da risolvere», come lui stesso avrebbe inquadrato Lisa a colloquio sempre con la sua cerchia di amici e colleghi. Tanti indizi insomma, o meglio ancora sentori d’indizio, dei quali, si sa, è lastricato il tunnel del colpevole perfetto. E innocente o no, colpevole o meno, quel tunnel a Maurizio Abate tocca percorrerlo fino in fondo.