domenica,Ottobre 13 2024

‘Ndrangheta a Cosenza, un nuovo boss all’assalto delle discoteche

Il clan degli zingari fra cambi al vertice e tentativi di riprendere a lucrare sui servizi di security, le rivelazioni del pentito Ivan Barone

‘Ndrangheta a Cosenza, un nuovo boss all’assalto delle discoteche

Sarebbe stato Gianluca Maestri, 45 anni, a prendere il comando del gruppo “Banana” dopo l’arresto dei capi Luigi Abbruzzese e Antonio Abruzzese avvenuto nel 2019. A svelare questo retroscena fin qui inedito è Ivan Barone, il nuovo fuoriuscito dalle cosche cosentine che dal 6 settembre 2022 collabora con la giustizia.

Anche lui faceva parte di quella banda che all’interno della costellazione dei nomadi cosentini avrebbe goduto di ampia autonomia in tema di estorsioni e traffico di droga. Barone si occupava di spaccio, danneggiamenti e consegna degli stipendi agli affiliati, senza disdegnare le azioni di fuoco. Numerose intercettazioni raccolte nell’ultima inchiesta antimafia contro i clan di Cosenza lo vedono a colloquio proprio con Maestri. Fra i due c’era un forte legame, questo è pacifico. Ora, però, le confessioni del neopentito gettano un’ombra ancora più sinistra sulla natura del loro rapporto.

Secondo Ivan Barone, infatti, da quattro anni a questa parte, il vuoto di potere creatosi a seguito degli arresti di “Testa del serpente” avrebbero favorito la scalata del suo amico ai vertici dell’organizzazione. Dal 2019 in poi, dunque, a Maestri sarebbe toccato, fra gli altri, il compito di amministrare la bacinella del gruppo. E a suo dire avrebbe svolto il compito in modo pulito, specie in termini di assistenza economica ai detenuti e alle loro famiglie. E non solo. Il nuovo e presunto reggente avrebbe tentato anche allargare gli affari della consorteria, riappropriandosi di un settore in cui un tempo il clan Rango-Zingari recitava la parte del leone: i servizi di security da effettuare in discoteche e locali notturni.

A tal proposito, in uno dei suoi colloqui con i magistrati, il nuovo pentito racconta di un incontro svoltosi in sua presenza fra Maestri e Michele Di Puppo, finalizzato proprio a cercare un accordo per reinserire i nomadi in quel giro d’affari. «Di Puppo non voleva saperne – rammenta Barone – perché per lui ormai la gestione di questa attività era in mano agli italiani». In quel caso, l’alto gerarca rendese del clan Lanzino-Patitucci avrebbe tentato di scoraggiare l’interlocutore, sostenendo che dietro quel business «non vi fosse un grande guadagno», ma senza ottenere risultati. Maestri, infatti, avrebbe preteso che «almeno una quota tornasse agli zingari», manifestando a Di Puppo la necessità che la ditta vicina al clan lavorasse nuovamente nel settore. «Non c’è stato il tempo di chiudere la controversia – conclude Barone – perché a settembre siamo stati tutti arrestati».